Infermieri e ventilazione… Quando un metodo non basta

coyotreCome alcuni di voi sanno, da qualche anno mi occupo con Cristian di formazione sul monitoraggio grafico della ventilazione, questo mi ha portato ad incontrare centinaia di colleghi e ad avere una visione sempre più dettagliata delle difficoltà che incontrano per sviluppare questo tipo di competenza nelle loro unità operative.

La mancanza di materiale su cui studiare era sicuramente un  problema rilevante, ma ho sempre pensato che il motivo di queste difficoltà abbia radici più complesse.

Poi, nell’estate del 2015, leggendo il documento IPASVI sull’evoluzione delle competenze infermieristiche, fu tutto un po’ più chiaro:

Per migliorare una capacità è necessaria una vera e propria formazione che aiuti il soggetto ad ampliare il proprio “contenitore” mentale, vale a dire, le proprie referenze teorico-concettuali. Ciò che caratterizza particolarmente la competenza avanzata, è la disposizione del soggetto a porsi in una dialettica continua tra generale e particolare. In altri termini il soggetto è in grado, costantemente, di far riferimento a modelli teorici e a quadri concettuali (il generale) che gli forniscono la struttura mentale per riflettere e orientarsi nell’operatività (il particolare)”.1

Il problema è proprio questo… quando parliamo di monitoraggio grafico della ventilazione meccanica non esiste alcun quadro concettuale o criterio standardizzato in grado di aiutare l’infermiere ad un corretto approccio e quindi a creare le basi necessarie per aumentare le proprie competenze!!!

Per questo motivo abbiamo deciso di creare questo piccolo blog e iniziare il 2016 con 2 post dedicati ad una metodologia d’analisi delle curve, che da anni si dimostra estremamente efficace nel guidare i colleghi ad un primo e corretto approccio al monitoraggio grafico della ventilazione, una sorta di “entry level” che se abbinato all’impegno e allo studio può portare allo sviluppo di una nuova competenza avanzata nel monitoraggio. Tuttavia, il metodo che proponiamo non è legge, anzi ve ne possono essere altri, talvolta più efficaci o completi. (Vi invito a condividerli se ne siete a conoscenza.)

Per fare un esempio, quando devo insegnare ai colleghi meno esperti a leggere le curve, il metodo proposto nei post del 30/12/2015 e 10/01/2016   lo espando leggermente e adotto un approccio diverso, finalizzando l’analisi a 2 obiettivi fondamentali:

  1. Riconoscimento della logica di ventilazione
  2. Riconoscimento delle problematiche (asincronie, errato setting del ventilatore, V.I.L.I., etc.)

OBIETTIVO N° 1: RICONOSCERE LA LOGICA DI VENTILAZIONE.

  • Il primo passo da compiere è sempre l’individuazione e quindi il riconoscimento delle curve di pressione/tempo e flusso/tempo sul monitor del ventilatore.
  • Individua la fase inspiratoria e la fase espiratoria.

Fin qui nulla di diverso, se non ricordi come fare a superare questi primi due punti rileggi il post del 30/12/2015.

  • Osserva su quale curva di ventilazione si trova l’onda quadra e controlla il setting della ventilazione.

Chi lavora in terapia intensiva sa bene che i ventilatori moderni offrono una marea di modalità di ventilazione e ancora di più sono le sigle che le descrivono.

Per fortuna esiste un semplice trucchetto che aiuta a riconoscere rapidamente la logica di ventilazione in corso, ovvero controllare su quale curva si trova l’onda quadra e controllare il setting.

La variabile controllata dal ventilatore è chiamata variabile in­dipendente. È facilmente riconoscibile sul monitor poiché, di so­lito, assume una forma geometrica quadra e dipende unicamente dal setting impostato. La variabile che invece dipende dal paziente si definisce variabile dipendente ed è correlata alle caratteristiche meccaniche del sistema toraco-polmonare e all’eventuale attività respiratoria spontanea, ovvero all’equazione di moto dell’apparato respiratorio.2

Classificando le ventilazioni in base alla variabile indipendente, (quella controllata dal ventilatore) otteniamo due gruppi:

  • le ventilazioni flussometriche (o volumetriche), dove il controllo è applicato al flusso, che assumerà forma quadra;
  • le ventilazioni pressometriche, dove il controllo è applicato alla pressione (PAW), che assumerà forma quadra.

La figura 1 riporta in esempio quanto detto.

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Figura 1

 

Dopo aver capito se siamo di fronte ad una ventilazione flussometrica o pressometrica, dobbiamo spostare la nostra attenzione alle impostazioni per scoprire di quale modalità si tratta, ad esempio, se l’onda quadra è sul flusso e nel setting viene impostato un volume corrente si tratta di una ventilazione a volume controllato con flusso costante (VCV); se l’onda quadra è sulla pressione e nel setting troviamo il volume corrente allora si tratta di una ventilazione a pressione controllata e volume garantito (chiamata su alcuni ventilatori PCV-VG, PRVG, IPPV autoflow); se la ventilazione è pressometrica e nell’impostazione abbiamo un supporto di pressione (PS, ASB) allora si tratta di ventilazione a pressione di supporto (PSV). Potremmo continuare a lungo ma non vorrei annoiarvi troppo, quindi concludo questo terzo punto ricordando che l’unica ventilazione che sfugge a questo rapido sistema di riconoscimento è la NAVA in quanto è una ventilazione “controllata e ciclata a livello neurale” (dedicherò in futuro un post a questa modalità per spiegarne la logica di funzionamento).

  • Verifica l’attivazione dei muscoli inspiratori.

L’attivazione dei muscoli inspiratori, riscontrabile attraverso la presenza del segno di trigger sulle PAW è indispensabile per smascherare una delle più temibili asincronie paziente-ventilatore (l’autociclaggio) ma, rimanendo in tema di riconoscimento delle modalità di ventilazione, è importante per capire se stiamo ventilando con una modalità controllata o assistita/controllata (A/C).

La ventilazione assistita/controllata è una ventilazione controllata, in un paziente con drive respiratorio, dove viene attivato il trigger. La finalità di questa modalità di ventilazione è di erogare inspirazioni di dimensione e durata prefissate, lasciando al paziente la scelta della frequenza respiratoria.

Per avere un’ ulteriore prova del fatto che il paziente sta utilizzando una ventilazione controllata bisogna confrontare la frequenza respiratoria impostata nel setting e quella effettiva (rilevata dal ventilatore): durante A/C la seconda risulterà maggiore di quella impostata.  (Figura 2)

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Figura 2

Solamente quando questi 4 punti sono assimilati e le logiche di ventilazione comprese si può passare al secondo obiettivo.

OBIETTIVO N° 2: RICONOSCIMENTO DELLE PROBLEMATICHE

  • Verifica i limiti di sicurezza impostati sul ventilatore.
  • Escludi il rischio di V.I.L.I. (Ventilator Induced Lung Injury).
  • Verifica la presenza del segno di trigger (escludere  V.I.D.D.).
  • Valutare come si modifica la curva di pressione.
  • Rilevare l’eventuale attivazione dei muscoli espiratori.
  • Osserva la fase espiratoria.

Oggi abbiamo messo molta “carne sul fuoco” lascerò, quindi, a post futuri la presentazione della seconda parte del metodo e l’approfondimento (indispensabile) di alcuni punti presentati in questo articolo. Per ora provate ad applicare quanto spiegato e cercate insieme ai vostri colleghi di capire le logiche di ventilazione in uso nel vostro reparto, ovviamente non esitate a fare domanda se incontrate delle difficoltà.

Un saluto a tutti.

Enrico Bulleri



REFERENCE

 

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