Evoluzione della definizione di ARDS

A cura di

Cristian Fusi

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una condizione clinica severa, caratterizzata da insufficienza respiratoria ipossiemica acuta, che richiede un’identificazione precoce e un trattamento mirato per ridurre la mortalità. Nel 2012, la European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), l’American Thoracic Society e la Society of Critical Care Medicine hanno pubblicato una revisione della definizione originaria del 1994, nota come “definizione di Berlino”. Quest’ultima ha affinato i criteri diagnostici, introducendo un approccio più strutturato alla classificazione dell’ARDS, articolata in tre gradi di severità (lieve, moderata e grave) in base al rapporto PaO₂/FiO₂.

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ANESTETICI INALATORI IN TERAPIA INTENSIVA

A cura di Alice Galesi

Gli anestetici inalatori rappresentano una classe farmacologica caratterizzata da un rapido onset e offset, una bassa solubilità ematica e un’escrezione quasi esclusivamente polmonare. Tali proprietà farmacocinetiche li rendono ideali per il raggiungimento e il mantenimento di una sedazione controllabile e rapidamente reversibile, anche in pazienti con compromissione epatica o renale [1,2,3]. Dal punto di vista farmacodinamico, questi agenti inducono ipnosi, amnesia e, in parte, analgesia, con un meccanismo d’azione che coinvolge l’attivazione di recettori GABA-A e la modulazione di canali ionici neuronali [1,4].

Queste caratteristiche ne hanno storicamente favorito l’impiego in sala operatoria, dove isoflurano, sevoflurano e desflurano sono ampiamente utilizzati [1]. Fino a poco tempo fa, il loro utilizzo al di fuori dell’ambito anestesiologico risultava limitato, in quanto non erano disponibili dispositivi compatibili con i ventilatori da terapia intensiva per una somministrazione prolungata.

Negli ultimi anni, l’introduzione di sistemi specificamente progettati per l’ambiente intensivo ha reso possibile la somministrazione di anestetici inalatori quali sevoflurano e isoflurano anche nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica prolungata. L’impiego di desflurano, al contrario, non è erogabile con tutti i devices disponibili in commercio, a causa del suo basso punto di ebollizione, che lo rende instabile a temperatura ambiente [2,5].

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