La Pressione Muscolare Predetta

A cura di Enrico Bulleri

Nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria, il drive e lo sforzo respiratorio risultano spesso elevati. Le cause possono includere fattori quali dolore, ansia, delirio, inadeguata assistenza ventilatoria e dispnea [1,2]. Un eccessivo sforzo inspiratorio da parte del paziente durante la ventilazione meccanica può comportare effetti nocivi, generando pendelluft e accentuando lo stress e la tensione polmonare regionale, con possibili conseguenti lesioni [3,4]. Inoltre, un carico eccessivo sul diaframma può provocare danni al muscolo e compromettere l’apporto sistemico di ossigeno [5]. Ricerche recenti hanno dimostrato che il livello di sforzo inspiratorio durante i primi 3 giorni di ventilazione può predire la durata della ventilazione e del ricovero in terapia intensiva [6].

Il monitoraggio dello sforzo inspiratorio richiede quindi particolare attenzione durante la ventilazione meccanica. Per questo motivo, nel post del 10/09/2021, sono stati presentati alcuni strumenti utili allo scopo. Oggi ci concentreremo su una nuova misura, rapida e non invasiva: la pressione muscolare predetta (Pmusc,pred).

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Neurally Adjusted Ventilatory Assist nel neonato

Ventilare un neonato prematuro ricercando la migliore strategia di sincronizzazione rappresenta una sfida quotidiana in neonatologia. Il tempo inspiratorio particolarmente breve, i bassi volumi correnti, le elevate frequenze respiratorie e la presenza di perdite legate all’utilizzo di tubi non cuffiati e interfacce non invasive esclusivamente nasali comportano numerose difficoltà nella sincronizzazione, tanto da limitare l’utilizzo di ventilazioni sincronizzate in quest’ambito.

Il prevalente utilizzo di modalità di ventilazione non sincronizzate comporta, naturalmente, un alto tasso di eventi asincroni, con un’incidenza di asincronie paziente – ventilatore che variano, in neonatologia, dal 45% al 68% 1,2. Un alto tasso di asincronie comporta, per il neonato pretermine, un’aumentata esposizione a barotrauma, rischio di pneumotorace ma anche emorragia intraventricolare3 ed un enorme dispendio energetico determinato dall’esigenza di “combattere” il ventilatore; crescenti evidenze sottolineano come il discomfort derivante dalle procedure e dai trattamenti, e tra questi anche la ventilazione meccanica, possano impattare negativamente sugli outcome neurologici a breve e lungo termine del neonato4,5.

Neurally Adjusted Ventilatory Assist (NAVA) è un’innovativa modalità di ventilazione proporzionale che sfrutta l’attività elettrica diaframmatica per sincronizzare il supporto della macchina al respiro del paziente istante per istante. A questa peculiare caratteristica definente di NAVA, si integra la modulazione della ventilazione sulla base dei riflessi protettivi polmonari, che intervengono regolando l’attività diaframmatica sulla base del grado di stiramento polmonare, favorendo così una ventilazione personalizzata e meno lesiva per il polmone ed il diaframma. Questa modalità rappresenta una potenziale soluzione alla difficoltà di sincronizzazione nella ventilazione neonatale.  

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Quale livello di PS impostare

A cura di Enrico Bulleri

Gli effetti negativi e positivi di una pressione di supporto (PS) “alta” o “bassa” sono descritti in larga misura in letteratura [1-5]. Ad esempio, elevati livelli di supporto possono indurre effetti dannosi sul paziente ventilato: iperventilazione, iperinflazione che può causare sforzi inefficaci, frequente, associazione all’autociclaggio, frammentazione del sonno, disfunzione diaframmatica e apnea. Tuttavia, il carico di lavoro che induce affaticamento dei muscoli respiratori comporta la necessaria scelta di ridurre/attenuare lo sforzo attraverso impostazioni caratterizzate da elevato supporto del ventilatore.

Un supporto basso, di contro, può esporre i pazienti a: eccessivo affaticamento, ipoventilazione, eccessivo sforzo inspiratorio, intolleranza alla ventilazione non invasiva. Queste conseguenze, di fatto, vanificano il trattamento ventilatorio, tuttavia, la rimozione progressiva del PS è fondamentale durante lo svezzamento.

Si intuisce facilmente che la pressione di supporto, alta o bassa che sia, non è dannosa o curativa a priori, ma dipende dalle caratteristiche cliniche dell’assistito.

Una delle domande frequenti (a cui fatico dare una risposta semplice) è “quale livello di PS imposto?”. La difficoltà nella risposta deriva dalla consapevolezza che non è possibile standardizzare la PS e illudersi che questa possa andare bene per tutti. Ciò che per un paziente può essere considerato un supporto adeguato non è scontato, ovviamente, che lo sia anche per il vicino di letto. L’unica risposta sensata e sicura che si può dare a questa domanda è: “dipende principalmente dall’obiettivo clinico che vogliamo raggiungere (far riposare, far lavorare più intensamente o far mantenere uno sforzo respiratorio normale) e dalle caratteristiche meccaniche del sistema respiratorio con cui ci stiamo confrontando”.

Quindi, approfitto di questo post per presentare velocemente le variabili in gioco durante l’impostazione della PS, introducendo così un grosso capitolo che vedrà uno sviluppo futuro attraverso casi clinici mirati.

Partiamo!

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Mechanical Power

È morto Gosaku Ota, disegnatore di Goldrake

La genesi o il peggioramento del VILI rappresenta il risultato indesiderato di una complessa interazione tra forze meccaniche che agiscono sulle strutture polmonari, dipendendo certamente dalle impostazioni del ventilatore, ma anche dalle caratteristiche dell’apparato respiratorio e dall’interazione paziente-ventilatore. L’energia meccanica spesa dal ventilatore o dai muscoli respiratori per espandere i polmoni dalla capacità funzionale residua potrebbe indurre sia un danno diretto alla membrana capillare e alla matrice extracellulare alveolare, sia la meccano-trasduzione (ovvero la conversione di uno stimolo meccanico in segnali biochimici e molecolari intracellulari).

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REVERSE TRIGGERING

Yin e Yang: l'integrazione degli opposti, significato e importanza

REVERSE TRIGGERING

Prima di approfondire questa asincronia è necessario comprendere il significato di “entrainment”. In fisica questo termine si riferisce all’allineamento della fase e del periodo di un sistema oscillatorio non lineare, con la fase e il periodo di un input esterno periodico. In ambito neuroscientifico si parla di entrainment quando le onde cerebrali mostrano un’oscillazione sovrapponibile ad uno stimolo esterno periodico, come ad esempio la musica. In fisiologia respiratoria “respiratory entrainment” si riferisce ad una relazione fissa e ripetitiva tra i cicli respiratori neurali ed i cicli respiratori meccanici erogati dal ventilatore. Questo fenomeno è conosciuto in studi su animali sedati e in persone sane negli stati di veglia, sonno e durante anestesia.1

Nel 2013 è stato osservato per la prima volta l’entrainment respiratorio in pazienti critici sottoposti a ventilazione meccanica e questo pattern respiratorio è stato definito “reverse triggering”, in cui le contrazioni del diaframma sono apparentemente innescate dall’insufflazione del ventilatore con rapporti differenti (1:1; 1:2; 1:3) e con diversi fenotipi (precoce, medio e tardivo).2,3

La patogenesi, non ancora del tutto nota, è data dalla probabile attivazione di riflessi polmonari vago mediati, insieme ad influenze corticali e sub-corticali.3

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L’ASPIRAZIONE DELLA VIA AEREA ARTIFICIALE – UPGRADE 2022

Matteo Manici – Infermiere di Terapia Intensiva, AOU Parma – IT

Stefano Parise – Infermiere Specialista Clinico di Cure Intense, Ospedale Regionale di Lugano, EOC – CH

Stefano Bambi – Professore Associato Med.45 – Università degli Studi di Firenze-IT

Alberto Lucchini – Coordinatore Infermieristico Terapia Intensiva Generale, San Gerardo ASST Monza Brianza – IT

In condizioni fisiologiche le secrezioni delle mucose respiratorie (naso, cavo orale, trachea, bronchi) sono trasparenti e fluido-viscose; vengono “spazzolate” verso l’alto dalle ciglia vibratili ed espettorate all’esterno, oppure deglutite nel tratto digerente. In condizioni patologiche, le secrezioni possono assumere aspetto e caratteristiche diverse: sierose, mucose, catarrali, mucopurulente, purulente, emorragiche, ematico-gelatinose, rugginose, schiumose, fetide o fibrinose. Sfugge agli obiettivi di questo post identificare le cause eziopatogenetiche alla base della modificazione patologica delle secrezioni respiratorie, ma molte di loro sono legate a condizioni che si verificano nell’assistito e che portano al posizionamento di una via aerea artificiale (tubo endotracheale, cannula tracheostomica, tracheostomia definitiva).

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Aerosol terapia durante ventilazione meccanica. Parte 1

A cura di Alice Galesi

Background

La somministrazione di farmaci aerosolizzati è comunemente utilizzata per il trattamento di malattie polmonari [1], (ad esempio, asma, disturbi polmonari ostruttivi, fibrosi cistica, ipertensione arteriosa polmonare, malattia polmonare infettiva) [2]. L’uso dell’aerosolterapia durante la ventilazione meccanica è frequente per la somministrazione di broncodilatatori e steroidi nella broncopneumopatia ostruttiva e meno frequente per la somministrazione di antibiotici nella polmonite associata al ventilatore e nelle infezioni tracheobronchiali in pazienti con fibrosi cistica [1]. L’implementazione ottimale della terapia inalatoria nel paziente ventilato risulta complessa a causa di diversi dispositivi di aerosolizzazione, impostazioni ventilatorie, molecole e indicazioni terapeutiche [1,3]. La somministrazione di aerosol durante ventilazione meccanica è studiata da più di 30 anni, eppure non è stato individuato nessun metodo standard per l’erogazione [4]. Inoltre, da una survey internazionale emerge che le conoscenze scientifiche sembrano essere applicate raramente e si riportano anche delle pratiche potenzialmente pericolose [1]. I problemi legati all’aerosolterapia possono essere affrontati attraverso programmi educativi e di ricerca centrati sulla diffusione delle conoscenze facilmente attuabili nella pratica clinica [1].

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Ventilazione oscillatoria ad alta frequenza nel neonato (HFOV)

A cura di Susanna Ciraci

infermiera terapia intensiva neonatale fondazione poliambulanza di Brescia

La ventilazione oscillatoria ad alta frequenza (High Frequency Oscillatory Ventilation, HFOV) rappresenta una strategia ventilatoria protettiva non convenzionale ampiamente utilizzata in neonatologia. L’HFOV viene spesso utilizzata come terapia rescue con l’obiettivo di migliorare gli scambi gassosi quando la ventilazione convenzionale fallisce, ma è un valido trattamento iniziale anche in casi di sindrome da air leak, ipertensione polmonare persistente e sindrome da aspirazione di meconio [1].
HFOV è caratterizzata da frequenze sovrafisiologiche e bassi volumi correnti: la logica di tale ventilazione si sviluppa attorno alla generazione di oscillazioni ad alta frequenza su una pressione di distensione polmonare (equivalente alla pressione media delle vie aeree, MAP, meglio definita in HFOV come continuous distending pressure, CDP) tale da prevenire il dereclutamento alveolare e garantire la massimizzazione della superficie di scambio (figura 1). Attorno alla pressione di distensione polmonare, un meccanismo a pistone genera oscillazioni pressorie a frequenze comprese tra 180 e 1200 oscillazioni al minuto (3-20 Hz) che determinano l’erogazione di volumi correnti particolarmente bassi [2].

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Come monitorare lo sforzo inspiratorio

A cura di Enrico Bulleri

Quantificare lo sforzo inspiratorio può essere utile in molti aspetti dell’assistenza alla persona in ventilazione meccanica. Basti pensare che rappresenta il primo passo per capire se il livello di pressione di supporto impostato è adeguato all’obiettivo clinico, oppure l’importanza che riveste questo dato nella rilevazione precoce del P-SILI (Patient Self Inflicted Lung Injury).

Un livello normale o accettabile di sforzo respiratorio in ventilazione meccanica è generalmente descritto come:

  • pressione muscolare (Pmus) compresa tra 5 e 10 cmH2O [ 1 ];
  • pressure time product (PTP) tra 50 e 150 cmH2O·s·min-1 [ 1-3 ];
  • work of breathing (WOB) compreso tra 2,4 e 7,5 J·min-1 o 0,2 e 0,9 J·L-1 [ 4 ].

In ambito clinico, tuttavia, questi dati molto utilizzati nella ricerca sono difficili o impossibili da monitorare [ 5 ].

La domanda sorge quindi spontanea: durante la pratica quotidiana al letto dell’assistito, senza monitoraggi respiratori particolarmente avanzati, è possibile misurare con attendibilità lo sforzo inspiratorio? Fortunatamente sì!

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Umidificazione delle vie aeree

A cura di Matteo Manici, Alberto Lucchini, Stefano Bambi

L’umidità e via aerea: una liaison perfetta

Ossigenoterapia “tradizionale”, ossigenoterapia ad alto flusso, ventilazione non invasiva (NIV), ventilazione invasiva. Termini che fino a pochi mesi fa riguardavano in modo esclusivo il mondo dell’ospedale e qualche setting assistenziale per cronici e di cui si discuteva quasi esclusivamente ad eventi di terapia intensiva o pneumologia. Tubo, casco, maschere, occhialini sono improvvisamente diventati termini di discussione generale, di cui si legge sui giornali e di cui si sente parlare opinionisti nelle trasmissioni di intrattenimento televisivo. Noi, come infermieri, siamo chiamati a conoscere le variabili in gioco per “garantire la corretta applicazione delle prescrizioni terapeutiche”1 durante la somministrazione di ossigeno e la ventilazione invasiva (e non). Aldilà delle opzioni ventilatorie e delle scelte cliniche ad esse legate ci sono valutazioni francamente assistenziali che vale la pena ricordare, perché possono influenzare in modo dinamico e continuo la ventilazione stessa: umidificazione dei flussi di gas, aerosol terapia, management delle secrezioni, postura e mobilizzazione dell’assistito, ne sono validi esempi.

L’umidificazione ottimale dei delivery device è certamente una delle variabili determinanti, specie per l’ossigenoterapia ad alto flusso (nasale2 o in maschera3), per la tollerabilità della terapia da parte delle persone sottoposte a NIV4 e per la sicurezza della ventilazione meccanica5.

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Pronazione: dai concetti base alla pratica

In considerazione dell’ingente numero di gravi polmoniti interstiziali da SARS-CoV-2, ho ritenuto utile proporre un piccolo riassunto relativo alla teoria e alle tecniche della pronazione.

La posizione prona prevede il posizionamento del paziente con il lato ventrale verso il basso e il lato dorsale verso l’alto.

Perchè pronare i pazienti in ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome)? Continua a leggere

COVID-19, Prime impressioni di un esperto sulla ventilazione meccanica

In questo post condivido integralmente l’esperienza iniziale del dott. Giuseppe Natalini e del suo gruppo di lavoro in tema di gestione della ventilazione meccanica nei pazienti affetti da COVID-19. La fonte originale è presente sul sito Ventilab.org che al momento non è raggiungibile per problemi tecnici e molti ci chiedono la possibilità di consultarlo. Seppur, probabilmente, vi possono essere contenuti non semplici a tutti è altrettanto vero che le indicazioni conclusive sono chiare (anche se dettate “da prime impressioni”). Triggerlab da sempre crede nella condivisione di contenuti ed esperienze e crediamo lo sia ancor di più in questo periodo storico di elevatissimo stress dei sistemi sanitari. Continua a leggere

Proportional Assist Ventilation

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Immagine 1: relazione tra sforzo del paziente e pressione erogata dal ventilatore nelle diverse logiche di ventilazione.

La ventilazione ad assistenza proporzionale (PAV o PPS) è una modalità di erogazione della pressione di supporto in cui il ventilatore applica, istante per istante, un’assistenza proporzionale allo sforzo inspiratorio del paziente (1). A differenza di altre ventilazioni assistite, non vi è un target di volume o pressione da mantenere costante e come mostrato nell’immagine 1, nella PAV, all’aumentare dello sforzo inspiratorio del paziente aumenta anche la pressione erogata dal ventilatore. Questa modalità fornisce una sorta di “muscolo aggiuntivo” sotto il completo controllo del paziente per determinare la profondità e la frequenza dei respiri.

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Adaptive Support Ventilation (ASV)

Dopo un po’ di tempo (si chiede perdono) propongo un post che tratta una ventilazione particolare denominata ASV (Adaptive Support Ventilation). Si tratta di una modalità complessa e che necessita di un tempo adeguato per essere digerita.

ASV è un’avanzata closed loop dual control inter breath-mode. Nelle ventilazioni closed loop control viene generato un feedback positivo o negativo in grado di indurre variazioni nell’erogazione della ventilazione, in altre parole l’uscita del gas viene misurata fornendo un segnale di feedback che viene confrontato con il valore di ingresso. 

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La pressione esofagea: applicazioni cliniche

Nel post del 19 ottobre abbiamo visto come stimare la pressione pleurica attraverso il posizionamento e la verifica del palloncino esofageo (clicca qui per vedere il post). Oggi affronteremo un argomento molto più complesso e cercherò di spiegare uno degli utilizzi che può essere fatto della pressione esofagea nella pratica clinica: misurare lo stress polmonare.

Misura dello stress polmonare: la pressione di plateau e la pressione trans-polmonare

Tra gli obiettivi fondamentali della ventilazione è contemplata la riduzione della pressione alveolare a fine inspirazione per non generare danno polmonare indotto dal ventilatore (VILI, Ventilator-Induced Lung Injury).

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Pressure Support Ventilation (PSV)

Nelle ventilazioni controllate, quando il paziente è passivo, in ogni momento del ciclo respiratorio la pressione misurata durante ventilazione meccanica è il risultato di P0 + Pel + Pres. Nelle ventilazioni assistite il paziente, invece, interagisce con il ventilatore ed entra in gioco una nuova forza nell’equazione di moto, cioè la pressione muscolare:

PAW = P0 + Pel + Pres + (− Pmusc)

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La pressione esofagea: posizionamento e verifica

Per un monitoraggio accurato della meccanica respiratoria e poter fornire, all’occasione, un trattamento ottimale dell’insufficienza respiratoria, è necessaria una valutazione dettagliata delle pressioni che agiscono all’interno del sistema respiratorio. La stima della pressione pleurica (Ppl) rappresenta una delle tecniche disponibili per comprendere, definire e valutare individualmente i meccanismi patologici dell’insufficienza respiratoria, per settare il ventilatore nei pazienti con danno polmonare acuto, per titolare il supporto farmacologico, per ottimizzare l’interazione paziente ventilatore e seguire il decorso clinico del paziente [1-4]. Tuttavia, il monitoraggio della Ppl è raramente utilizzato in ambito clinico; piuttosto, rimane ampiamente visto come uno strumento di ricerca. Ciò è in parte dovuto a problemi tecnici come il corretto posizionamento di un catetere esofageo al fine di ottenere misurazioni accurate [5].

In questo post cercherò di essere pragmatico e andremo a vedere come misurare la Ppl. Continua a leggere

Sedazione ed intubazione tracheale: evadere dai luoghi comuni

Diffondo e condivido fedelmente il post del Dott. Giuseppe Natalini, perchè offre notevoli spunti di riflessione per chi assiste i pazienti intubati e ventilati meccanicamente. La fonte ufficiale e originale è al seguente link: http://www.ventilab.org/2018/07/29/sedazione-ed-intubazione-tracheale-evadere-dai-luoghi-comuni/

Buona lettura!

La sedazione nel paziente con intubazione tracheale è una profezia che si autoavvera. Esiste infatti la credenza che il paziente intubato debba ricevere una qualche forma di sedazione per poter tollerare la presenza del tubo tracheale. E da questa convinzione, che nasce da un pre-giudizio, si giunge alla somministrazione routinaria di sedazione, la quale a sua volta rende paziente e curanti dipenti da essa. Continua a leggere

Sforzo inefficace (Ineffective effort)

Tra gli obiettivi da perseguire durante la ventilazione meccanica la riduzione delle asincronie tra paziente e ventilatore riveste un ruolo di grande importanza1. Tra di esse lo sforzo inefficace risulta essere la più frequente2. L’inizio della fase inspiratoria è molto delicata e richiede l’attivazione della muscolatura inspiratoria del paziente, che superando la soglia impostata, innesca il trigger del ventilatore. Continua a leggere

PCV-VG…un caso particolare

Ho concluso il post precedente con un esercizio (Figura 1) e mi complimento con i lettori che hanno provato a dare una risposta. Oggi lo riprendo cercando di capire quale ventilazione è effettivamente in corso e se è presente un’asincronia.

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Figura 1

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Modalità di ventilazione meccanica: Pressure Controlled ventilation-volume guaranteed (PCV-VG)

Negli ultimi post abbiamo trattato argomenti complessi come il weaning dalla ventilazione meccanica e la costante di tempo dell’apparato respiratorio. Oggi, invece, parleremo di un argomento che molti di voi conoscono bene, ovvero di una delle più comuni modalità di ventilazione meccanica: la ventilazione a pressione controllata e volume garantito (PCV-VG, IPPV autoflow, PRVC). 

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FIGURA 1

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Weaning da ventilazione meccanica in terapia intensiva. Molte domande…alcune risposte. Parte 3/3

Quali sono le conseguenze per i pazienti che non vengono liberati dal ventilatore?

Santa Claus on a rikschaPer rispondere a questa domanda è necessario definire cosa si intende per fallimento del weaning. Questo è definito come l’insuccesso di un tentativo di respiro spontaneo (spontaneous breathing trial – SBT) o la necessità di supporto ventilatorio (incluso la ventilazione non invasiva) entro le 48 ore dopo l’estubazione.28 Benché il fallimento dell’estubazione sia come definizione ben accettata, trattandosi della necessità di reintubazione entro ore o giorni a seguito di una estubazione pianificata, in realtà in letteratura l’intervallo utilizzato nelle varie definizioni varia da 48 ore, a 72 ore, ad una settimana.27 Nei pazienti che necessitano di oltre 7 giorni di weaning dopo il primo SBT fallito la mortalità si attesta al 13% contro il 7% nei pazienti che impiegano un tempo minore per esser svezzati.28 Continua a leggere

Weaning da ventilazione meccanica in terapia intensiva. Molte domande…alcune risposte. Parte 2/3

Come gestire la sedazione nel weaning?

Le linee guida di American College of Chest Physicians/American Thoracic Society, pubblicate nel 2017, raccomandano (condizionatamente, e sulla base di evidenze scientifiche di bassa qualità) nello svezzamento dei pazienti acuti ospedalizzati sottoposti a ventilazione meccanica invasiva da oltre 24 ore, di utilizzare protocolli per tentare di minimizzare la sedazione.15

Adeguati livelli di sedazione ed analgesia sono un obiettivo importante da perseguire per i pazienti in ventilazione meccanica, per minimizzare ansia e dolore, ma senza interferire con la capacità del paziente di respirare spontaneamente, a meno che non sia necessario per motivi clinici (per esempio le prime fasi di trattamento dei quadri più severi di ARDS).11 Il valore della necessità di interrompere quotidianamente la sedazione è ormai ampiamente riconosciuto, per l’esito in termini di riduzione di durata della ventilazione. I protocolli di sedazione e di svezzamento dalla ventilazione si stanno progressivamente integrando (si veda i concetti alla base dell’ABCDE bundle), dal momento che proprio durante l’interruzione della sedazione ed il tentativo di risveglio del paziente si può, al contempo, verificare la presenza dei criteri di inizio di uno SBT.11

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La costante di tempo del sistema respiratorio (τ)

tempovola

For english version click here: The Time Constant of The Respiratory System

Il post di oggi si pone l’obiettivo di far comprendere un concetto ostico della ventilazione meccanica: la costante di tempo. Nel post precedente è stato introdotta la PCV, una ventilazione pressometrica controllata che ha come obiettivo il controllo e l’applicazione di una pressione positiva costante. Da qui nasce lo spunto per un approfondimento che crediamo sicuramente utile da un punto di vista teorico, ma che presenta aspetti “pratici” di assoluta rilevanza.

Cos’è la costante di tempo? Continua a leggere

Gestione dei flussi con i moderni ventilatori per anestesia

Chi lavora in area critica sa bene che vi sono diverse “macchine” che consentono l’erogazione della ventilazione meccanica. Vi è oggi un’ampia gamma di ventilatori e ciascuno con specifiche tali da poter essere utilizzati con sicurezza in tutti i contesti ospedalieri e non, a partire dai sofisticati ventilatori da terapia intensiva fino a quelli utilizzati per la ventilazione a domicilio del paziente. Questo post tratterà il ventilatore di anestesia e nello specifico la gestione dei flussi, presidio che soprattutto negli ultimi anni ha subito notevoli innovazioni tecnologiche. Per fare questo, mi sono avvalso del prezioso aiuto di un amico ed esperto del settore, l’ing. Moustapha Ntieche. Continua a leggere

Pressure Controlled Ventilation (PCV)

Inizio questo post chiedendovi di osservare la figura 1 (qui sotto) e provare a riconoscere la modalità di ventilazione in corso, un piccolo esercizio prima di proseguire con la lettura del post.

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Figura 1

Si tratta di una ventilazione a pressione controllata. Se non sei riuscito a riconoscerla non preoccuparti, puoi fare un piccolo passo indietro e leggere il post del 15/02/2016.

Faccio comunque un brevissimo ripasso per i colleghi che seguono triggerlab da poco tempo e ricordiamo che la variabile controllata dal ventilatore è chiamata variabile indipendente (indipendente dal paziente). È facilmente riconoscibile sul monitor perché assume una forma quadra e dipende unicamente dal setting impostato. La variabile che invece dipende dal paziente si definisce variabile dipendente ed è correlata alle caratteristiche meccaniche del sistema toraco-polmonare e all’eventuale attività respiratoria spontanea, ovvero dipende dall’equazione di moto dell’apparato respiratorio.

Suddividendo le ventilazioni in base alla variabile indipendente, (quella controllata dal ventilatore), otteniamo due gruppi (figura 2):

  • le ventilazioni flussometriche (o volumetriche), dove il controllo del ventilatore è applicato al flusso, che avrà forma quadra.
  • le ventilazioni pressometriche, dove il controllo è applicato alla pressione (PAW), che avrà forma quadra.

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Figura 2

Oggi parleremo della prima tra le ventilazioni pressometriche, ovvero la ventilazione a pressione controllata (PCV). Possiamo definire sinteticamente questa modalità come una controllata pressometrica “pura”. Questo significa che: Continua a leggere

Modalità di ventilazione meccanica: Volume Controlled Ventilation (parte 1)

Negli ultimi post abbiamo trattato tematiche e monitoraggi piuttosto complessi. Oggi, invece, parleremo di un argomento che molti di voi conoscono bene, ovvero di una delle più comuni modalità di ventilazione meccanica: la ventilazione a volume controllato (VCV) con flusso costante. Continua a leggere

Curve da Pacemaker.

Nel post precedente Cristian ha concluso l’articolo invitando i lettori a riflettere sul monitoraggio grafico che vedete nell’immagine (figura 1), che ci è stata girata da Alessandro, un medico che lavora con noi…molto attento e scrupoloso (a cui non è sfuggita la particolare morfologia).

Oggi proveremo ad analizzarlo insieme.

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Figura 1

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Morte cerebrale e autociclaggio

 

imagesLa diagnosi di morte encefalica è un processo complesso, che comprende diverse fasi.

Si deve prima di tutto verificare l’esistenza di alcune precondizioni essenziali. Il soggetto deve essere privo di coscienza e sottoposto a ventilazione meccanica per assenza di respiro spontaneo; non devono essere presenti convulsioni né posture in flessione o estensione patologica, né apertura degli occhi o risposte motorie a stimoli dolorosi standardizzati, quali la pressione sul nervo sovra-orbitario, sull’articolazione temporo-mandibolare o sul letto ungueale.

Nei soggetti affetti da lesioni encefaliche sottoposti a trattamento rianimatorio, attuata la necessaria verifica delle precondizioni ed esclusi i fattori che interferiscono con il quadro clinico, si passa alla diagnosi di morte encefalica. Nell’aggiornamento del decreto 22 agosto 1994, n.582, la morte è accertata quando sia riscontrata, per il periodo di osservazione previsto, la contemporanea presenza delle seguenti condizioni: Continua a leggere

Corso di Perfezionamento Universitario per infermieri!

logo cattolicaIn questo post non tratto una particolare tematica inerente la ventilazione, ma divulgo con piacere un progetto che è diventato realtà. L’esperienza positiva rilevata in termini di partecipazione e indice di gradimento scaturita dal progetto “le curve che tolgono il fiato” ci ha spinto ad elaborare una piattaforma formativa ben più ampia e variegata. L’ottima notizia risiede nel fatto che il programma è stato approvato, con nostra grande soddisfazione, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il Corso di Perfezionamento ha lo scopo di fornire agli infermieri approfondimenti, nonché acquisizioni ex novo, di competenze cliniche e gestionali nel campo della ventilazione meccanica e dell’assistenza al paziente ventilato artificialmente. Continua a leggere

Autociclaggio (autocycling)

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Nel post precedente affrontato da Enrico sono stati spiegati i tipi di trigger e l’importanza che rivestono durante l’inizio della fase inspiratoria e il ciclaggio alla fase espiratoria durante ventilazione meccanica.

Il trigger inspiratorio è un dispositivo che permette una sorta di comunicazione tra paziente e ventilatore: Continua a leggere

Cos’è il trigger?!

In questo post proverò a rispondere a due domande piuttosto frequenti: cos’è il trigger? Quanti tipi di trigger esistono?

Il trigger (= grilletto) rappresenta un sistema di comunicazione tra paziente e ventilatore, è quel segnale che se viene rilevato dal ventilatore dà inizio alla fase inspiratoria o alla fase espiratoria. È quindi lo strumento utile a sincronizzare il ciclaggio del ventilatore alle richieste del paziente. Il trigger inspiratorio è il segnale che dà inizio alla fase inspiratoria mentre quello espiratorio dà inizio alla fase espiratoria.

Tipi di trigger:

  • trigger a tempo anche chiamato tempo di ciclo respiratorio (sia inspiratorio che espiratorio);
  • trigger a pressione (solo inspiratorio);
  • trigger a flusso (solo inspiratorio);
  • trigger neurale (sia inspiratorio che espiratorio);
  • “ciclo off” anche chiamato % picco di flusso  (solo espiratorio).

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Interazione paziente-ventilatore. Buoni motivi per…

Mi sono imbattuto in questo breve, ma intenso articolo di Thille (1), scaturito in risposta alle considerazioni di un altro lavoro (2) in cui si analizzava il punto di vista del paziente durante la ventilazione meccanica. Gli autori provano a sintetizzare 10 punti chiave per affrontare la delicata interazione tra paziente e ventilatore.  Il mio post vuole affrontarne qualcuno proponendoti una lettura alternativa.

To find the optimal flow rate adjustment Continua a leggere

HOW BIZARRE? Quando un filtro può fare la differenza

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In questo nuovo post presento un caso particolare. Il paziente, intubato ed in ventilazione PSV (Pressure Support Ventilation), presenta un monitoraggio grafico bizzarro mai visto prima, (figura 1). Il signor “Rossi” mostra segni di chiaro affaticamento respiratorio, senza desaturazione (i valori si attestano attorno al 96-97%), lieve tachicardia e lieve ipertensione. Continua a leggere

Monitoraggio grafico? Da dove iniziare (parte 2)

 faticaNel post precedente sono stati introdotti i primi tre punti che possono essere utili a guidare un infermiere nell’analisi del monitoraggio grafico. Al termine è stato proposto il terzo punto che spiega la presenza (o assenza) del segno di trigger, elemento che contraddistingue graficamente l’inizio dell’attivazione dei muscoli inspiratori del paziente. Dopo questa fase è quindi utile capire il quarto punto:

 4.Valutare come si modifica la curva di pressione durante l’inspirazione.

Il dettaglio del ciclo respiratorio che si analizza è la fase inspiratoria. Durante ventilazione meccanica a pressione positiva è logico attendersi che nell’istante in cui inizia l’insufflazione, la pressione nelle vie aeree aumenti.
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Monitoraggio grafico? Da dove iniziare… (parte 1)

2014625191650_PassoBuzzAldrinQuando ho iniziato a lavorare in terapia intensiva il monitoraggio grafico mi è parso da subito complicato. Da una parte avevo formazione lacunosa e scarsa esperienza in tema di ventilazione meccanica, dall’altra faticavo moltissimo nel trovare informazioni e nozioni che mi potessero guidare anche solo a raggiungere obiettivi minimi. Per chi vuole iniziare ad addentrarsi nell’analisi del monitoraggio grafico potrà forse trovare utile il metodo d’analisi che propongo in questo post. Lo strumento ha lo scopo di “frammentare” le diverse fasi del ciclo respiratorio. Questa guida, suddivisa in sei punti, potrebbe facilitare l’interpretazione delle curve di ventilazione meccanica, aiutando chi è alle prime armi a non farsi scappare preziose informazioni. Per iniziare ti propongo i primi tre punti che costituiscono, a mio parere, la base minima e indispensabile.

 

  1. Individuare le curve di Pressione/tempo e Flusso/Tempo.

  2. Individuare la fase inspiratoria ed espiratoria;

  3. Verificare l’attivazione dei muscoli inspiratori (segni di trigger);

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INFERMIERI DI TERAPIA INTENSIVA CHE RICONOSCONO LE ASINCRONIE DURANTE VENTILAZIONE MECCANICA » ventilab

Mi sono imbattuto in questo agile lavoro (uno degli autori è Villar) e sono stato colpito dal titolo che ho trovato stimolante dal momento che alcuni dei nostri infermieri, grazie agli stimoli di Beppe, si sono addentrati nella conoscenza del monitoraggio grafico della ventilazione meccanica. Penso che dalla sua lettura si possano ricavare alcuni utili insegnamenti

 Cosa hanno fatto gli autori?

Uno studio osservazionale in cui hanno raccolto le curve di flusso e pressione di 8 pazienti ricoverati in terapia intensiva e ventilati meccanicamente, hanno realizzato delle immagini (in formato JPEG) di 1024 respiri, li hanno sottoposti a 5 medici intensivisti esperti in ventilazione meccanica che, in modo cieco l’uno rispetto all’altro, le hanno classificate per la presenza o meno di sforzi inefficaci(o come “inclassificabile”); tre risposte concordanti hanno permesso di classificare le immagini. A questo punto gli autori dello studio hanno identificato due nurses esperte (4 anni di servizio) in terapia intensiva polivalente e per 2 ore al giorno per 20 giorni le hanno addestrate (con letture scientifiche e attività sul campo) a riconoscere la presenza o meno di sforzi inefficaci.

I risultati sono espressi come sensibilità, specificità, valore predittivo positivo (PPV) e negativo (NPV), ed con un indice di concordanza κ, che misura quanto le risposte degli esaminandi sono in accordo con quelle degli esperti, ritenuto buono se > 0,41 ed eccellente per valori > 0,75. Le due nurse hanno ottenuto risultati differenti ma buoni per entrambe: la prima ha riportato sensibilità = 92,5% e specificità = 98,3%, con un PPV del 95,4% , un NPV del 97,1% ed un κ di 0,92; la seconda sensibilità = 98,5% e specificità = 84,7%, PPV = 70,7% e NPV del 99,3% con un κ di 0,74.

La letteratura è concorde nel sottolineare come la presenza di asincronie tra paziente e ventilatore sia un fattore in grado di prolungare la durata della ventilazione meccanica, la degenza in terapia intensiva ed in ospedale. Dal punto di vista fisiopatologico possono determinare aumento del lavoro respiratorio. Quindi individuarle può favorire il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.

Dal momento che gli infermieri lavorano a stretto contatto con il paziente, questo lavoro di riconoscimento potrebbe essere svolto dall’infermiere addestrato, lasciando la risoluzione dei problemi al medico. L’addestramento permetterebbe all’infermiere di acquisire competenze ulteriori rispetto a quelle in suo possesso, con maggiore gratificazione e probabilmente maggiore affezione al proprio attuale lavoro. Questo studio mostra che con un impegno inferiore ad un mese è possibile ottenere buoni risultati. Già ora un infermiere in terapia intensiva deve saper riconoscere un onda di lesione o una aritmia potenzialmente letale al monitor ECG: perché non potrebbe (dovrebbe!) riconoscere anche un’asincronia al monitor del ventilatore?

Resta imperativo che il medico deve approfondire la terapia ventilatoria, sia in termini di monitoraggio grafico (interazione paziente – ventilatore), sia in termini di corrette terapie e di soluzione dei problemi. E’ necessario un progetto per formare gli infermieri più motivati al riconoscimento del monitoraggio grafico; a loro volta infermieri esperti potranno formare altri infermieri sotto la supervisione del medico responsabile del progetto. Questa competenza va poi inserita correttamente nella propria realtà clinica a beneficio dei pazienti.

Insomma lavoro e studio per tutti!

Bibliografia

  1. Chacón E, et al. Nurses’ Detection of Ineffective Inspiratory Efforts During Mechanical Ventilation. Am J Crit Care. 2012 Jul;21(4).
  2. Thille AW, et al. Patient-ventilator asynchrony during assisted mechanical ventilation. Intensive Care Med. 2006;32(10):1515-1522.
  3. De Wit M, et al . Ineffective triggering predicts increased duration of mechanical ventilation. Crit Care Med. 2009;37(10):2740-2745.

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L’infermiere ed il monitoraggio grafico della ventilazione meccanica: perchè è indispensabile, come imparare. » ventilab

Sorgente: L’infermiere ed il monitoraggio grafico della ventilazione meccanica: perchè è indispensabile, come imparare. » ventilab

L’interesse e la voglia di migliorare le conoscenze sulla ventilazione meccanica ed il suo monitoraggio sono un segno tangibile della crescita professionale e culturale degli infermieri. Tuttavia è un argomento tradizionalmente ostico, in cui serve qualcuno che ti dà una mano.

Ecco la buona notizia per gli infermieri: finalmente venerdì 18 ottobre 2013 si terrà a Brescia la prima edizione del “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico”. E’ un corso per infermieri fatto da infermieri (ci sarò comunque anche io a dare, se necessario, il mio contributo), molto curato sia nella parte teorica che in quella pratica, con obiettivi didattici chiari che portarenno, già alla fine della giornata, all’acquisizione dinuove competenze. Nelle edizioni già svolte a livello locale i riscontri sono stati ottimi sia in termini di gradimento che di apprendimento.

Il ”Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico” è a numero chiuso. Per iscriverti clicca qui, cerca nell’elenco degli eventi “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico: Le curve che tolgono il fiato“. Continua a leggere