Evoluzione della definizione di ARDS

A cura di

Cristian Fusi

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una condizione clinica severa, caratterizzata da insufficienza respiratoria ipossiemica acuta, che richiede un’identificazione precoce e un trattamento mirato per ridurre la mortalità. Nel 2012, la European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), l’American Thoracic Society e la Society of Critical Care Medicine hanno pubblicato una revisione della definizione originaria del 1994, nota come “definizione di Berlino”. Quest’ultima ha affinato i criteri diagnostici, introducendo un approccio più strutturato alla classificazione dell’ARDS, articolata in tre gradi di severità (lieve, moderata e grave) in base al rapporto PaO₂/FiO₂.

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Secondo la definizione di Berlino, la diagnosi di ARDS si basa su quattro criteri principali:

  1. Tempistica: insorgenza entro una settimana da un evento clinico noto o dal peggioramento di sintomi respiratori preesistenti.
  2. Imaging toracico: presenza di opacità bilaterali alla radiografia o alla tomografia computerizzata del torace, non spiegabili da versamenti pleurici, atelettasia o lesioni nodulari.
  3. Origine dell’edema: l’insufficienza respiratoria non deve essere attribuibile primariamente a insufficienza cardiaca o sovraccarico di fluidi, richiedendo eventualmente una valutazione oggettiva (es. ecocardiografia).
  4. Ipossiemia: PaO₂/FiO₂ ≤300 mmHg con un livello minimo di PEEP o CPAP ≥5 cmH₂O, suddividendo l’ARDS in: lieve (200–300 mmHg), moderata (100–200 mmHg), grave (<100 mmHg).

Nonostante l’ampia diffusione della definizione di Berlino, essa presenta limitazioni significative, soprattutto nei contesti con risorse limitate, dove spesso non sono disponibili tecniche diagnostiche avanzate come l’emogasanalisi, la ventilazione meccanica invasiva o l’imaging toracico convenzionale. In tali contesti, la definizione può risultare di difficile applicazione, ritardando o impedendo la diagnosi.

La nuova revisione e definizione globale del 2023

Nel 2023, un panel internazionale di esperti ha proposto un aggiornamento della definizione di ARDS, con l’obiettivo di migliorarne l’applicabilità globale e di adattarla a diversi scenari clinici, inclusi quelli con disponibilità tecnologica limitata. La nuova definizione consente:

  • L’inclusione dei pazienti in ossigenoterapia ad alto flusso (High Flow Nasal Oxygen, HFNO).
  • L’utilizzo dell’ossimetria pulsata (SpO₂/FiO₂) in alternativa al rapporto PaO₂/FiO₂ nei casi in cui l’emogasanalisi non sia disponibile.
  • L’impiego dell’ecografia toracica al posto della radiografia del torace, se quest’ultima non è accessibile.
  • L’incorporazione della modifica di Kigali alla definizione di Berlino, utile per i contesti a basso reddito.

Tali aggiornamenti rispecchiano la crescente adozione di HFNO come modalità di supporto preferenziale in pazienti ipossiemici e la necessità di diagnosticare l’ARDS anche in assenza di ventilazione meccanica invasiva.

Nuovi criteri diagnosticiLa nuova definizione globale conserva una struttura simile a quella di Berlino, ma introduce cambiamenti significativi:

  1. Fattori di rischio e origine dell’edema: viene ribadita la necessità di una causa acuta nota (ad esempio polmonite, sepsi, trauma, aspirazione), escludendo l’origine cardiogena o cronica. È ammessa la diagnosi anche in pazienti con malattie polmonari preesistenti, purché non siano responsabili dell’insufficienza respiratoria acuta.
  2. Tempistica: l’insufficienza respiratoria deve insorgere o peggiorare entro una settimana dall’evento scatenante. Gli autori riconoscono la possibilità di un’evoluzione clinica più lenta, che potrebbe soddisfare i criteri solo dopo alcuni giorni.
  3. Imaging toracico: possono essere utilizzate radiografia, TC o ecografia polmonare. Quest’ultima deve evidenziare opacità bilaterali (es. linee B o consolidamenti), non spiegabili da altre condizioni.
  4. Criteri di ossigenazione: suddivisi in base al tipo di supporto respiratorio e alla disponibilità di risorse:
  5. Pazienti non intubati (HFNO ≥30 L/min, CPAP o NIV ≥5 cmH₂O):

PaO₂/FiO₂ ≤300 mmHg o SpO₂/FiO₂ ≤315 (se SpO₂ ≤97%).

  • Pazienti intubati:

Lieve: 200–300 mmHg o SpO₂/FiO₂ 235–315

Moderata: 100–200 mmHg o SpO₂/FiO₂ 148–235

Grave: ≤100 mmHg o SpO₂/FiO₂ ≤148

  • Contesti a risorse limitate: diagnosi possibile con SpO₂/FiO₂ ≤315, indipendentemente dal supporto utilizzato.

Questa classificazione mira a favorire studi clinici comparativi e ad accelerare la diagnosi, anche in fase precoce e in assenza di ventilazione meccanica invasiva.

Implicazioni cliniche e limiti della nuova definizione

La revisione del 2023 ha il merito di estendere la possibilità diagnostica anche a contesti con risorse limitate e di anticipare l’identificazione dei pazienti affetti da ARDS, riducendo la dipendenza da strumenti avanzati. Tuttavia, alcune criticità persistono:

  • Nei pazienti trattati con supporto non invasivo (HFNC o NIV), la stratificazione della gravità mediante il rapporto P/F risulta meno affidabile, poiché tale valore può variare significativamente dopo l’intubazione.
  • Studi osservazionali hanno evidenziato un aumentato rischio di mortalità nei pazienti con P/F <150 trattati con NIV, attribuito in parte al ritardo nell’intubazione e al rischio di danno polmonare autoindotto (P-SILI).
  • L’identificazione precoce dei pazienti a rischio di fallimento del supporto non invasivo è quindi fondamentale. Indici predittivi come il ROX index (SpO₂/[FR × FiO₂], con valore <4,88) per HFNC e l’HACOR score (> 5 a un’ora dall’inizio della NIV) possono aiutare nel processo decisionale.
  • La pulsossimetria può risultare imprecisa in presenza di alterazioni della CO₂ arteriosa (ipo- o ipercapnia), che influenzano l’affidabilità della SpO₂ come surrogato della SaO₂.

Conclusione

La nuova definizione globale di ARDS rappresenta un avanzamento significativo nella diagnosi di una sindrome complessa e potenzialmente letale. Essa amplia la popolazione identificabile, favorisce l’adozione di approcci diagnostici più accessibili e supporta un intervento precoce e personalizzato. Tuttavia, richiede una valutazione critica e contestualizzata, soprattutto nella gestione dei pazienti con supporto respiratorio non invasivo. La sua applicazione nella pratica clinica dovrà essere accompagnata da studi di validazione su larga scala e da un uso appropriato degli strumenti predittivi disponibili.

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