Weaning da ventilazione meccanica in terapia intensiva. Molte domande…alcune risposte. Parte 1/3

babbo nataleTriggerlab ha chiesto, per i suoi sempre più numerosi lettori, un regalo natalizio. Il regalo è già arrivato e vi proponiamo un’ampia dissertazione in materia di svezzamento dal ventilatore, che abbiamo suddiviso in tre parti e che pubblicheremo con frequenza settimanale. Questo meraviglioso contributo ci è stato offerto da due amici e colleghi, che sono tra i massimi esperti nazionali in tema di assistenza infermieristica al paziente critico e autori di numerose pubblicazioni su riviste infermieristiche e mediche, italiane ed internazionali: Stefano Bambi1 e Alberto Lucchini2.

1 Infermiere – Terapia Intensiva di Emergenza e del Trauma, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze

2 Infermiere Coordinatore – Terapia Intensiva Generale, Ospedale San Gerardo, Monza. Università degli Studi Milano – Bicocca

Premessa

Pur consapevoli del fatto che il processo di svezzamento si inserisce attualmente in una cornice molto più ampia di valutazioni ed interventi che fanno parte di una visione globale del paziente ricoverato in terapia intensiva, volta a massimizzarne gli esiti in termini di sopravvivenza e recupero funzionale (stiamo parlando dell’ABCDE Bundle: Awakening and Breathing Coordination, Delirium Monitoring and Management, and Early Mobility),1 questo articolo si focalizza essenzialmente sugli aspetti legati alla liberazione del paziente dalla ventilazione meccanica.

Lungi dal voler essere esaustivi, l’obiettivo di questa panoramica è quello di fornire spunti di riflessione e aggiornamento sulle problematiche da affrontare in sede clinico-assistenziale dei pazienti che vanno incontro al weaning. La modalità di conduzione è quella di fornire risposte alle domande più importanti che ci si pone quando si approccia il paziente che deve essere svezzato dal ventilatore.

Che cos’è lo svezzamento dalla ventilazione meccanica?

Il “weaning” (svezzamento) dalla ventilazione meccanica (VM) invasiva, è il processo che comprende tutte le valutazioni ed azioni che portano il paziente al distacco permanente dal ventilatore automatico, e quindi al ripristino di un’autonomia respiratoria, priva della necessità di supporto meccanico. Il weaning dalla ventilazione meccanica invasiva non comporta necessariamente la rimozione della via aerea artificiale (ci si riferisce particolarmente al tubo tracheostomico), dal momento che un’attività respiratoria spontanea non implica necessariamente la capacità di proteggere autonomamente le vie aeree e possedere una funzione di clearence delle vie aeree efficace (tosse ed espettorazione delle secrezioni respiratorie). Questo significa che il primissimo obiettivo da raggiungere per gli operatori è quello di rendere libero il paziente dal ventilatore, e solo se possibile, contestualmente provvedere anche alla rimozione della via aerea artificiale. Il termine “liberazione” dalla ventilazione meccanica2,3 sta soppiantando quello di “svezzamento”, perché l’attenzione dell’operatore venga sempre posta nei confronti del fatto che la ventilazione meccanica, è prima di tutto a rischio di complicanze piuttosto che fonte di dipendenza, da cui il paziente deve esser allontanato. Peraltro, i vantaggi del weaning seguito da rimozione della via aerea artificiali sono numerosi: eliminazione del lavoro respiratorio determinato dal tubo tracheale, riduzione del rischio di polmonite, miglioramento della comunicazione, del comfort del paziente, riduzione delle necessità sedative, tosse più efficace, miglioramento della funzione di clearence delle vie aeree, e del drenaggio dei seni.4

Esiste una definizione univoca di weaning?

Probabilmente no, anche se in sostanza si intende il raggiungimento degli obiettivi di cui abbiamo accennato prima. Ma è interessante guardare le definizioni nella freccia del tempo per poter comprendere l’evoluzione concettuale alla base del processo, e in conseguenza a questa, la tipologia di approccio operato nell’affrontare questo importante (e talvolta molto complesso) aspetto.Negli anni ’90 lo svezzamento era definito da alcuni autori in modo molto essenziale come “il processo di assistere il paziente fino a respirare senza aiuto”6 oppure “la transizione dal supporto ventilatorio al respiro spontaneo”7. Nel decennio scorso sono comparse definizioni più complesse come “…processo di liberazione del paziente dal supporto meccanico e dal tubo tracheale, incluso aspetti rilevanti delle cure terminali”,2 che comprendevano nel processo anche aspetti spinosi quali le cure di fine vita e la necessità di dare una risposta a problemi di natura pratica che si intrecciano profondamente con l’etica clinica. In taluni casi, addirittura, le definizioni di weaning sono state aggiustate dagli autori in maniera funzionale rispetto al perseguimento di precisi obiettivi di ricerca, a dimostrazione del fatto che per poter categorizzare e confrontare i fenomeni ed i processi ad essi sottesi, sono necessarie delle definizioni chiare ed esplicite.5

Attualmente il weaning è comunemente definito in 3 classi: il “weaning semplice”, nel quale l’estubazione del paziente si realizza al primo tentativo; il “weaning difficile”, che richiede per l’estubazione 1-3 tentativi e si realizza in un tempo inferiore a 7 giorni; il “weaning prolungato”, caratterizzato da almeno 3 tentativi falliti e un tempo di svezzamento superiore alla settimana.Il weaning semplice riguarda circa il 70% dei pazienti in ventilazione meccanica invasiva. Per il restante 30% il weaning diventa difficile, contando poi una mortalità del 25%. Vanno nella categoria del weaning prolungato circa la metà dei pazienti categorizzati nel weaning difficile, rappresentando circa il 6% di tutti i pazienti ventilati, ma richiedono il 37% delle risorse delle terapie intensive.9 La mortalità in terapia intensiva e quella ospedaliera, aumentano, chiaramente con il grado di difficoltà dello svezzamento,8 ed è proporzionale alla durata della ventilazione meccanica.9

Quali step sono necessari per iniziare e condurre il weaning?

Nel 2002 sono uscite delle linee guida sullo svezzamento dalla ventilazione meccanica a cura di American College of Chest Physicians, American Association for Respiratory Care, e American College of Critical Care Medicine, che ad oggi, nei loro principi, indipendentemente dal grado di raccomandazione e forza delle evidenze con cui allora sono state emanate, risultano ancora valide per la gestione delle varie fasi del processo.10

Se ne riporta la sintesi:10

  1. Nei pazienti ventilati per oltre 24 è necessario individuare e risolvere tutti i problemi di tipo ventilatorio e non ventilatorio, come parte integrante del processo di svezzamento;
  2. Una valutazione formale di interruzione della ventilazione può avere luogo in presenza dei seguenti criteri: evidenze di risoluzione delle cause sottostanti l’insufficienza respiratoria; ossigenazione adeguata (PaO2/FIO2 > 150–200 mm Hg), con bassi livelli di Pressione Positiva di Fine Espirazione (PEEP ≤ 5–10 cm H2O) e pH ≥ 7.25; stabilità emodinamica: non ischemia miocardica in corso, non ipotensione clinicamente importante (non vasopressori; basse dosi [<5mg/kg/min] di dopamina o dobutamina sono consentite); capacità di iniziare uno sforzo inspiratorio;
  3. Una valutazione formale di interruzione della ventilazione meccanica dovrebbe esser eseguita tramite un tentativo di respiro spontaneo (Spontaneous Breathing Trial – SBT) piuttosto che mentre il paziente riceve un sostanziale supporto ventilatorio. Un iniziale breve periodo di respiro spontaneo può esser usato come valutazione preliminare della capacità del paziente di affrontare uno SBT formale; i criteri di tolleranza dello SBT includono: pattern respiratorio, adeguatezza degli scambi gassosi, stabilità emodinamica e comfort soggettivo. La tolleranza di 30-120 minuti di SBT dovrebbe esser considerato criterio di interruzione definitiva della ventilazione meccanica;
  4. Dopo aver superato lo SBT la rimozione della via aerea artificiale dovrebbe esser basata sulla valutazione di pervietà delle vie aeree e la capacità del paziente di proteggere le vie aeree;
  5. Se l’SBT è fallito, le cause dovrebbero essere individuate e, una volta risolte, se il paziente mostra i criteri per iniziare nuovamente un SBT, dovrebbe essere condotto ogni 24 ore;
  6. I pazienti che non superano l’SBT dovrebbero ricevere un supporto ventilatorio stabile, confortevole, e defaticante;
  7. Strategie di adeguata gestione ventilatoria, anestesiologica e sedativa dovrebbero esser condotte con lo scopo di estubare precocemente il paziente post-chirurgico;
  8. Protocolli di svezzamento disegnati per operatori sanitari non medici dovrebbero essere sviluppati e implementati nelle terapie intensive. Protocolli per l’ottimizzazione dei livelli di sedazione dovrebbero essere implementati;
  9. La tracheostomia dovrebbe essere implementata dopo un periodo iniziale di stabilizzazione al ventilatore, quando sembrerà evidente che il paziente richiederà periodi prolungati di assistenza ventilatoria. Possono trarne beneficio pazienti che: richiedono elevati livelli di sedazioni per tollerare il tubo translaringeo; hanno meccanica respiratoria marginale e la riduzione di resistenza delle vie aeree con tracheostomia può ridurne il rischio di sovraccarico muscolare; traggano un beneficio potenziale psicologico nel mangiare per via orale, comunicare parlando e migliorare la mobilità; con l’aumento della mobilità possono migliorare gli sforzi della fisioterapia;
  10. A meno di evidenza di malattia irreversibile (es. lesione spinale alta, sclerosi laterale amiotrofica), un paziente che richiede supporto ventilatorio prolungato non dovrebbe esser considerato dipendente fino a 3 mesi di tentativi di weaning;
  11. Quando stabili da un punto di vista clinico, i pazienti che hanno fallito i tentativi di weaning in terapia intensiva dovrebbero esser trasferiti in strutture specializzate per queste categorie di pazienti;
  12. Le strategie di weaning nei pazienti in ventilazione meccanica prolungata dovrebbero essere condotte lentamente e dovrebbero essere introdotti tentativi di respiro spontaneo gradualmente più lunghi.

Il trial di respiro spontaneo ha dei criteri di fallimento che devono esser tenuti presenti per garantire prontamente al paziente il ripristino di un adeguato supporto ventilatorio, come previsto dalle linee guida di cui sopra.10 I criteri di fallimento sono elencati di seguito:2

  • Agitazione, ansia
  • Riduzione dello stato di coscienza
  • Cianosi
  • Sudorazione fredda
  • Evidenze di aumento dello sforzo inspiratorio
  • Uso dei muscoli accessori
  • Espressioni facciali di distress
  • Dispnea
  • PaO2≤ 50-60 mmHg con FiO2 ≥ 0.5, o SaO2 < 90%
  • PaCO2>50 mmHg o aumento della PaCO2≥ 8 mmHg
  • pH<7.32 o riduzione del pH ≥0.07 unità
  • Rapid Shallow Breathing Index >105 respiri/m’ x lt
  • Frequenza respiratoria > 35 atti/m’ o aumento ≥ 50%
  • Frequenza cardiaca > 140 b/m’ o aumento ≥ 20%
  • Aritmie cardiache
  • Pressione arteriosa sistolica > 180 mmHg o aumento ≥ 20%
  • Pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg

 I protocolli servono?

In tempi di evidence based practice, le terminologie linee guida, protocolli e check list possono dare ancora adito ad alcune confusioni, dovute soprattutto all’attribuzione di significati non propriamente sovrapponibili alle traduzioni dirette tra l’Inglese e l’Italiano.

Le linee guida sono affermazioni perlopiù generiche, carenti in termini di dettagli, con lo scopo di fornire delle guide generali alle quali però necessitano l’apporto del giudizio e dell’esperienza dei singoli clinici per colmare il “gap nelle istruzioni operative”.11

I protocolli sono invece adeguatamente espliciti in quanto sono ben dettagliati e permettono di gestire gli scenari clinici in maniera univoca.11 Le check-list, infine, permettono di ordinare in modo sistematico azioni o criteri (anche decisionali), in modo da non tralasciare niente, e da usare anche nel giro visite, o nei briefing inter-intraprofessionali.11

Sono più di 20 anni che in letteratura esistono studi in cui si sono comparati i processi di svezzamento dalla ventilazione meccanica invasiva condotti secondo protocolli/linee guida precise versus il singolo giudizio clinico del medico intensivista.

Una recente revisione sistematica di letteratura del gruppo Cochrane, comprensiva di 17 studi provenienti da America, Australia, Asia e Europa, e relativi a 2434 pazienti critici, ha messo in mostra che l’uso di protocolli di weaning ha ridotto in media del 26% la durata della ventilazione meccanica (qualità moderata delle evidenze), rispetto alle pratiche usuali.12 Inoltre è stato registrato una riduzione del tempo di weaning del 70%, e di quello di degenza in terapia intensiva dell’11% (bassa qualità delle evidenze).12 C’è da sottolineare che 4 studi erano basati su weaning gestito da software automatici del ventilatore, e che in generale esiste una notevole variazione nei tipi di protocolli usati, nelle pratiche di weaning abituali e quali protocolli possono lavorare meglio su determinate categorie di pazienti. Gli autori hanno rilevato, però, che la popolazione dei pazienti neurochirurgici tende a non beneficiare del weaning secondo protocollo rispetto alla conduzione abituale.12

Sta di fatto che probabilmente nella ventilazione meccanica prolungata (Prolonged Mechanical Ventilation – PMV) i protocolli trovano scarso margine di utilizzo, a dispetto, invece, della necessità di una presa in carico multidimensionale/personalizzata del paziente, sempre, però, privilegiando un approccio di tipo sistematico, che solo l’utilizzo di opportune check list può garantire.

In ogni caso, American Thoracic Society ed American College of Chest Physicians raccomandano di gestire i pazienti acuti ospedalizzati in ventilazione meccanica invasiva da oltre 24 ore mediante protocolli di svezzamento.13

 Ci sono evidenze per i predittori di weaning?

La necessità di ottenere informazioni preventive circa la capacità dei pazienti di tollerare lo svezzamento dalla ventilazione meccanica, ha generato l’interesse e lo studio delle misure di meccanica respiratoria e volumi polmonari (per esempio volume corrente, capacità vitale, pressione inspiratoria massimale, ventilazione minuto, pressione di occlusione inspiratoria a 0.1 secondo, e frequenza respiratoria) da impiegare a questo scopo.11

La scarsa accuratezza della maggior parte di questi parametri presi singolarmente ha deteminato la nascita del loro utilizzo integrato in termini di indici. Tra questi il più utilizzato è il Rapid Shallow Breathing Index – RSI (Fr/Vt), e nonostante sia considerato uno degli indici più predittivi di successo per il weaning, alcuni autori ne sconsigliano l’utilizzo.11

Essendo il più semplice da utilizzare, ed il più diffuso, vale la pena ricordare che se il paziente è connesso al ventilatore meccanico, l’RSI richiede di esser calcolato durante un minuto di respiro spontaneo con impostazioni di 0 cm H2O di pressure support ventilation (PSV), o di 0 cmH2O di continuous positive airway pressure (CPAP), o di compensazione del tubo con i parametri più bassi possibili. Inoltre, la PEEP (positive end expiratory pressure) deve essere impostata a 0 cmH2O, ed anche il trigger di flusso.14

Altri indici formulati e studiati sono: il CROP index (Compliance, Rate, Oxygenation, Pressure) che include compliance respiratoria, frequenza respiratoria, indice PaO2/FiO2, e pressione inspiratoria massimale; il CORE index (Compliance, Oxygenation, Rate, Effort), che ai precedenti parametri aggiunge anche la P0.1; l’Integrated Weaning Index (IWI), che utilizza compliance, SaO2, e RSI.11

Bio-markers di influenza cardiaca in termini di predizione di fallimento del weaning come il peptide natriuretico cerebrale (BNP) e la porzione N-terminale del proBNP (NT-proBNP) sono discussi a causa delle discrepanze nei risultati ottenuti.14

L’ecografia diaframmatica alla ricerca di segni di disfunzione diaframmatica individuata da un cut off di escursione verticale del muscolo inferiore a 10 mm, o come movimenti paradossi, sembra essere promettente in termini di previsione di tempo di svezzamento e di ventilazione meccanica.14

Ad oggi i predittori stanno avendo un certo declino nel loro utilizzo, probabilmente perché non supportati da sufficienti evidenze scientifiche, e pertanto necessitano di ulteriori approfondimenti nel corso di studi diagnostici. Lo SBT rimane probabilmente, lo strumento maggiormente utile nel verificare se il paziente è pronto per essere liberato dalla ventilazione meccanica.11

References

  1. Balas MC, Vasilevskis EE, Burke WJ, Boehm L, Pun BT, Olsen KM, Peitz GJ, Ely EW. Critical care nurses’ role in implementing the “ABCDE bundle” into practice. Crit Care Nurse. 2012;32(2):35-8, 40-7. doi: 10.4037/ccn2012229.
  2. Boles JM, Bion J, Connors A, Herridge M, Marsh B, Melot C, Pearl R, Silverman H, Stanchina M, Vieillard-Baron A, Welte T. Weaning from mechanical ventilation. Eur Respir J. 2007;29(5):1033-56.
  3. Schmidt GA, Girard TD, Kress JP, Morris PE, Ouellette DR, Alhazzani W, Burns SM, Epstein SK, Esteban A, Fan E, Ferrer M, Fraser GL, Gong MN, Hough CL, Mehta S, Nanchal R, Patel S, Pawlik AJ, Schweickert WD, Sessler CN, Strøm T, Wilson KC, Truwit JD. Liberation From Mechanical Ventilation in Critically Ill Adults: Executive Summary of an Official American College of Chest Physicians/American Thoracic Society Clinical Practice Guideline. 2017;151(1):160-165.
  4. Hess DR. The role of noninvasive ventilation in the ventilator discontinuation process. Respir Care. 2012;57(10):1619-25.
  5. Bambi S, Lucchini A, Rasero L. Weaning da ventilazione meccanica a breve e a lungo termine nei pazienti adulti. Aggiornamenti. Scenario. 2015;32(1):5-20
  6. Knebel AR. Weaning from mechanical ventilation: current controversies. Heart Lung. 1991;20(4):321-31.
  7. Mancebo J. Weaning from mechanical ventilation. Eur Respir J. 1996;9(9):1923-31.
  8. Sellarés J, Ferrer M, Torres A. Predictors of weaning after acute respiratory failure. Minerva Anestesiol. 2012;78(9):1046-53.
  9. Navalesi P, Frigerio P, Patzlaff A, Häußermann S, Henseke P, Kubitschek M. Prolonged weaning: from the intensive care unit to home. Rev Port Pneumol. 2014;20(5):264-72.
  10. MacIntyre NR, Cook DJ, Ely EW Jr, Epstein SK, Fink JB, Heffner JE, et al. Evidence-based guidelines for weaning and discontinuing ventilatory support: a collective task force facilitated by the American College of Chest Physicians, the American Association for Respiratory Care, and the American College of Critical Care Medicine. Chest 2001;120(Suppl):375S-395S. Also in: Respir Care 2002;47(1):69-90.
  11. Haas CF, Loik PS. Ventilator discontinuation protocols. Respir Care. 2012;57(10):1649-62.
  12. Blackwood B, Burns KE, Cardwell CR, O’Halloran P. Protocolized versus non-protocolized weaning for reducing the duration of mechanical ventilation in critically ill adult patients. Cochrane Database Syst Rev. 2014;(11):CD006904.
  13. Girard TD, Alhazzani W, Kress JP, Ouellette DR, Schmidt GA, Truwit JD, Burns SM, Epstein SK, Esteban A, Fan E, Ferrer M, Fraser GL, Gong MN, Hough CL, Mehta S, Nanchal R, Patel S, Pawlik AJ, Schweickert WD, Sessler CN, Strøm T, Wilson KC, Morris PE; ATS/CHEST Ad Hoc Committee on Liberation from Mechanical Ventilation in Adults. An Official American Thoracic Society/American College of Chest Physicians Clinical Practice Guideline: Liberation from Mechanical Ventilation in Critically Ill Adults. Rehabilitation Protocols, Ventilator Liberation Protocols, and Cuff Leak Tests. Am J Respir Crit Care Med. 2017 Jan 1;195(1):120-133. doi: 10.1164/rccm.201610-2075ST.
  14. Shaikh H, Morales D, Laghi F. Weaning from mechanical ventilation. Semin Respir Crit Care Med. 2014;35(4):451-68.

2 pensieri su “Weaning da ventilazione meccanica in terapia intensiva. Molte domande…alcune risposte. Parte 1/3

  1. Buonasera a tutti. Complimenti per il post. Avevo una curiosità in merito a quanto scritto. Il PMI può essere un parametro aggiuntivo per valutare la forza dei muscoli inspiratori nel processo di weaning ? E se si, quali valori sono da considerare accettabili e quali no ?
    Grazie

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