ARDS: davvero 6 mL/kg vanno bene per tutti?

A cura di
Enrico Bulleri

La scelta del volume corrente (VT) durante la ventilazione meccanica nei pazienti con sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) rappresenta un aspetto cruciale della pratica clinica, con l’obiettivo primario di ridurre il rischio di ventilator-induced lung injury (VILI) e migliorare gli esiti clinici.

Lo studio ARDSNet ha introdotto e consolidato il concetto di ventilazione protettiva, basata su un VT di 6 mL/kg di peso corporeo Predetto (PBW) e una pressione di plateau (Pplat) ≤ 30 cmH₂O. Rispetto a strategie con volumi e pressioni più elevati, questo approccio ha dimostrato di ridurre significativamente la mortalità e prevenire il VILI [1]. Tuttavia, le linee guida ATS/ESICM/SCCM raccomandano un intervallo di VT compreso tra 4 e 8 mL/kg PBW, riflettendo sia la variabilità della compliance del sistema respiratorio (Crs) nei pazienti con ARDS sia la complessità dei quadri clinici [2]. Ne deriva che la scelta del VT non può basarsi esclusivamente su un valore fisso.

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Determinare quale VT utilizzare (tra 4 e 8 mL/kg) è molto semplice, ma è importante comprendere la relazione tra compliance e driving pressure (DP).

La compliance rappresenta la distensibilità del sistema respiratorio e nei pazienti con ARDS è correlata alla quantità di alveoli ventilabili: più bassa è la compliance, minore sarà il volume polmonare disponibile per la ventilazione. [3]

La driving pressure quantifica la distensione alveolare indotta dal VT e, di conseguenza, il rischio di VILI: valori > 14 cmH₂O sono associati a sovradistensione e a peggiori esiti clinici [4,5]. Al letto del paziente, la DP si misura come differenza tra Pplat (pressione alveolare a fine inspirazione) e P0 (pressione alveolare a fine espirazione) (IMMAGINE 1).

Dal punto di vista fisiologico (DP = VT / Crs) Driving pressure e Compliance sono inversamente proporzionali: a parità di volume, minore è la compliance, maggiore sarà la pressione generata negli alveoli dal volume, ovvero la DP.

In altre parole, una DP elevata indica che il VT impostato è troppo grande rispetto allo spazio polmonare disponibile.

Immagine 1: misure di meccanica respiratoria per ottenere pressione alveolare a fine espirazione o PEEP totale (P0) e pressione alveolare a fine inspirazione o pressione di plateau (Pplat). Immagine tratta da Bulleri E, Fusi C. Guida al monitoraggio della ventilazione meccanica. Como: TriggerLab; 2021

Ad esempio:

  • In un paziente di 70 kg con compliance di 20 mL/cmH₂O, un VT di 6 mL/kg (420 ml) genera una DP di 21 cmH₂O (Immagine 1), un valore eccessivo secondo le evidenze attuali. In tali condizioni (quadro molto grave) se non sopraggiunge una grave acidosi respiratoria (pH < 7.15), il VT dovrebbe essere ridotto a 4 mL/kg (280 ml), per ottenere una DP 14 cmH₂O.
  • Se, invece, lo stesso paziente avesse una compliance di 40 mL/cmH₂O, un VT di 6–7 mL/kg produrrebbe una DP di 10–12 cmH₂O, consentendogli di rimanere entro i limiti di sicurezza.

Nei casi particolarmente gravi di ARDS, come nell’esempio sopra riportato, in cui il rischio di VILI è concreto, oppure quando vi è il sospetto che la bassa compliance sia dovuta in parte significativa alla gabbia toracica (ad esempio in presenza di obesità grave, versamenti pleurici rilevanti o rigidità della parete toracica), può essere preso in considerazione l’uso del palloncino esofageo per la stima della pressione pleurica. Questo monitoraggio consente di distinguere la quota di pressione applicata al polmone da quella applicata alla parete toracica, permettendo così di ottimizzare VT e PEEP [6,7].

Un’altra importante opzione terapeutica nei casi di ARDS grave è il supporto extracorporeo con ECMO (Extracorporeal Membrane Oxygenation), indicato quando le strategie di ventilazione protettiva non consentono di garantire un’adeguata ossigenazione e ventilazione senza causare ulteriori danni polmonari [8].

Lasciando la discussione di questi sistemi avanzati a post futuri, ricordiamo per ora che l’utilizzo di un VT fisso (ad esempio 6 mL/kg) può risultare eccessivo nei polmoni con bassa compliance, determinando sovradistensione e aumentando il rischio di VILI. L’impiego della DP, tenendo conto della compliance individuale, consente un approccio più personalizzato: modulando il VT per mantenere la DP entro limiti di sicurezza, si garantisce una protezione alveolare più efficace. In sostanza, la DP rappresenta un “limite di sicurezza” dinamico che guida la ventilazione, adattando il VT alle dimensioni del polmone pur rimanendo all’interno dei range raccomandati (4-8 mL/kg).

In sintesi:

  • Il range 4–8 mL/kg PBW rappresenta una raccomandazione standard per proteggere il polmone dal danno meccanico.
  • impostare 6 mL/kg è un ottimo inizio, ma non basta, si deve valutare la DP.
  • La DP consente di personalizzare la scelta del VT in funzione della compliance del sistema respiratorio.
  • L’obiettivo è impostare un VT all’interno di questo intervallo che mantenga una DP < 15 cmH₂O.
  • Questo approccio è più mirato e sicuro rispetto all’applicazione di un VT standardizzato.

Reference

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  3. Gattinoni L, Pesenti A. The concept of “baby lung”. Intensive Care Med. 2005 Jun;31(6):776-84. doi: 10.1007/s00134-005-2627-z. Epub 2005 Apr 6. PMID: 15812622.
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  5. Xie J, Jin F, Pan C, Liu S, Liu L, Xu J, Yang Y, Qiu H. The effects of low tidal ventilation on lung strain correlate with respiratory system compliance. Crit Care. 2017 Feb 3;21(1):23. doi: 10.1186/s13054-017-1600-x. PMID: 28159013; PMCID: PMC5291981.
  6. Brochard L, Slutsky A, Pesenti A. Mechanical Ventilation to Minimize Progression of Lung Injury in Acute Respiratory Failure. Am J Respir Crit Care Med. 2017;195(4):438-442. DOI:10.1164/rccm.201606-1174CP.
  7. Talmor D, Sarge T, Malhotra A, et al. Mechanical ventilation guided by esophageal pressure in acute lung injury. N Engl J Med. 2008;359(20):2095‑2104.
  8. Combes A, Hajage D, Capellier G, et al. Extracorporeal membrane oxygenation for severe acute respiratory distress syndrome. New England Journal of Medicine. 2018 May 24;378(21):1965-1975. doi: 10.1056/NEJMoa1800385.

ANESTETICI INALATORI IN TERAPIA INTENSIVA

A cura di Alice Galesi

Gli anestetici inalatori rappresentano una classe farmacologica caratterizzata da un rapido onset e offset, una bassa solubilità ematica e un’escrezione quasi esclusivamente polmonare. Tali proprietà farmacocinetiche li rendono ideali per il raggiungimento e il mantenimento di una sedazione controllabile e rapidamente reversibile, anche in pazienti con compromissione epatica o renale [1,2,3]. Dal punto di vista farmacodinamico, questi agenti inducono ipnosi, amnesia e, in parte, analgesia, con un meccanismo d’azione che coinvolge l’attivazione di recettori GABA-A e la modulazione di canali ionici neuronali [1,4].

Queste caratteristiche ne hanno storicamente favorito l’impiego in sala operatoria, dove isoflurano, sevoflurano e desflurano sono ampiamente utilizzati [1]. Fino a poco tempo fa, il loro utilizzo al di fuori dell’ambito anestesiologico risultava limitato, in quanto non erano disponibili dispositivi compatibili con i ventilatori da terapia intensiva per una somministrazione prolungata.

Negli ultimi anni, l’introduzione di sistemi specificamente progettati per l’ambiente intensivo ha reso possibile la somministrazione di anestetici inalatori quali sevoflurano e isoflurano anche nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica prolungata. L’impiego di desflurano, al contrario, non è erogabile con tutti i devices disponibili in commercio, a causa del suo basso punto di ebollizione, che lo rende instabile a temperatura ambiente [2,5].

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La Pressione Muscolare Predetta

A cura di Enrico Bulleri

Nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria, il drive e lo sforzo respiratorio risultano spesso elevati. Le cause possono includere fattori quali dolore, ansia, delirio, inadeguata assistenza ventilatoria e dispnea [1,2]. Un eccessivo sforzo inspiratorio da parte del paziente durante la ventilazione meccanica può comportare effetti nocivi, generando pendelluft e accentuando lo stress e la tensione polmonare regionale, con possibili conseguenti lesioni [3,4]. Inoltre, un carico eccessivo sul diaframma può provocare danni al muscolo e compromettere l’apporto sistemico di ossigeno [5]. Ricerche recenti hanno dimostrato che il livello di sforzo inspiratorio durante i primi 3 giorni di ventilazione può predire la durata della ventilazione e del ricovero in terapia intensiva [6].

Il monitoraggio dello sforzo inspiratorio richiede quindi particolare attenzione durante la ventilazione meccanica. Per questo motivo, nel post del 10/09/2021, sono stati presentati alcuni strumenti utili allo scopo. Oggi ci concentreremo su una nuova misura, rapida e non invasiva: la pressione muscolare predetta (Pmusc,pred).

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Quale livello di PS impostare

A cura di Enrico Bulleri

Gli effetti negativi e positivi di una pressione di supporto (PS) “alta” o “bassa” sono descritti in larga misura in letteratura [1-5]. Ad esempio, elevati livelli di supporto possono indurre effetti dannosi sul paziente ventilato: iperventilazione, iperinflazione che può causare sforzi inefficaci, frequente, associazione all’autociclaggio, frammentazione del sonno, disfunzione diaframmatica e apnea. Tuttavia, il carico di lavoro che induce affaticamento dei muscoli respiratori comporta la necessaria scelta di ridurre/attenuare lo sforzo attraverso impostazioni caratterizzate da elevato supporto del ventilatore.

Un supporto basso, di contro, può esporre i pazienti a: eccessivo affaticamento, ipoventilazione, eccessivo sforzo inspiratorio, intolleranza alla ventilazione non invasiva. Queste conseguenze, di fatto, vanificano il trattamento ventilatorio, tuttavia, la rimozione progressiva del PS è fondamentale durante lo svezzamento.

Si intuisce facilmente che la pressione di supporto, alta o bassa che sia, non è dannosa o curativa a priori, ma dipende dalle caratteristiche cliniche dell’assistito.

Una delle domande frequenti (a cui fatico dare una risposta semplice) è “quale livello di PS imposto?”. La difficoltà nella risposta deriva dalla consapevolezza che non è possibile standardizzare la PS e illudersi che questa possa andare bene per tutti. Ciò che per un paziente può essere considerato un supporto adeguato non è scontato, ovviamente, che lo sia anche per il vicino di letto. L’unica risposta sensata e sicura che si può dare a questa domanda è: “dipende principalmente dall’obiettivo clinico che vogliamo raggiungere (far riposare, far lavorare più intensamente o far mantenere uno sforzo respiratorio normale) e dalle caratteristiche meccaniche del sistema respiratorio con cui ci stiamo confrontando”.

Quindi, approfitto di questo post per presentare velocemente le variabili in gioco durante l’impostazione della PS, introducendo così un grosso capitolo che vedrà uno sviluppo futuro attraverso casi clinici mirati.

Partiamo!

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How to monitor inspiratory effort

Quantifying inspiratory effort can be useful in many aspects of assisting a person that is undergoing mechanical ventilation. For example, it represents the first step in understanding whether the level of pressure support set in the ventilator is adequate for the clinical objective or the importance of this data in the early detection of Patient Self Inflicted Lung Injury (P-SILI).

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La ventilazione umanizzata

Oggi abbiamo il piacere di proporre un contributo offerto a Triggerlab da un caro collega, Sergio Calzari, che lavora nella terapia intensiva dell’Istituto Cardiocentro del Ticino, Lugano (CH). Sergio è impegnato nell’umanizzazione delle cure in terapia intensiva e nella ricerca di strumenti in grado di combattere la Post Intensive Care Syndrome (PICS). A tal proposito si consiglia il suo sito web postintensiva.it. In questo post Sergio reinterpreta in chiave “umanizzata” la ventilazione meccanica. Buona lettura.

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Aerosol terapia durante ventilazione meccanica. Parte 1

A cura di Alice Galesi

Background

La somministrazione di farmaci aerosolizzati è comunemente utilizzata per il trattamento di malattie polmonari [1], (ad esempio, asma, disturbi polmonari ostruttivi, fibrosi cistica, ipertensione arteriosa polmonare, malattia polmonare infettiva) [2]. L’uso dell’aerosolterapia durante la ventilazione meccanica è frequente per la somministrazione di broncodilatatori e steroidi nella broncopneumopatia ostruttiva e meno frequente per la somministrazione di antibiotici nella polmonite associata al ventilatore e nelle infezioni tracheobronchiali in pazienti con fibrosi cistica [1]. L’implementazione ottimale della terapia inalatoria nel paziente ventilato risulta complessa a causa di diversi dispositivi di aerosolizzazione, impostazioni ventilatorie, molecole e indicazioni terapeutiche [1,3]. La somministrazione di aerosol durante ventilazione meccanica è studiata da più di 30 anni, eppure non è stato individuato nessun metodo standard per l’erogazione [4]. Inoltre, da una survey internazionale emerge che le conoscenze scientifiche sembrano essere applicate raramente e si riportano anche delle pratiche potenzialmente pericolose [1]. I problemi legati all’aerosolterapia possono essere affrontati attraverso programmi educativi e di ricerca centrati sulla diffusione delle conoscenze facilmente attuabili nella pratica clinica [1].

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Ventilazione oscillatoria ad alta frequenza nel neonato (HFOV)

A cura di Susanna Ciraci

infermiera terapia intensiva neonatale fondazione poliambulanza di Brescia

La ventilazione oscillatoria ad alta frequenza (High Frequency Oscillatory Ventilation, HFOV) rappresenta una strategia ventilatoria protettiva non convenzionale ampiamente utilizzata in neonatologia. L’HFOV viene spesso utilizzata come terapia rescue con l’obiettivo di migliorare gli scambi gassosi quando la ventilazione convenzionale fallisce, ma è un valido trattamento iniziale anche in casi di sindrome da air leak, ipertensione polmonare persistente e sindrome da aspirazione di meconio [1].
HFOV è caratterizzata da frequenze sovrafisiologiche e bassi volumi correnti: la logica di tale ventilazione si sviluppa attorno alla generazione di oscillazioni ad alta frequenza su una pressione di distensione polmonare (equivalente alla pressione media delle vie aeree, MAP, meglio definita in HFOV come continuous distending pressure, CDP) tale da prevenire il dereclutamento alveolare e garantire la massimizzazione della superficie di scambio (figura 1). Attorno alla pressione di distensione polmonare, un meccanismo a pistone genera oscillazioni pressorie a frequenze comprese tra 180 e 1200 oscillazioni al minuto (3-20 Hz) che determinano l’erogazione di volumi correnti particolarmente bassi [2].

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Come monitorare lo sforzo inspiratorio

A cura di Enrico Bulleri

Quantificare lo sforzo inspiratorio può essere utile in molti aspetti dell’assistenza alla persona in ventilazione meccanica. Basti pensare che rappresenta il primo passo per capire se il livello di pressione di supporto impostato è adeguato all’obiettivo clinico, oppure l’importanza che riveste questo dato nella rilevazione precoce del P-SILI (Patient Self Inflicted Lung Injury).

Un livello normale o accettabile di sforzo respiratorio in ventilazione meccanica è generalmente descritto come:

  • pressione muscolare (Pmus) compresa tra 5 e 10 cmH2O [ 1 ];
  • pressure time product (PTP) tra 50 e 150 cmH2O·s·min-1 [ 1-3 ];
  • work of breathing (WOB) compreso tra 2,4 e 7,5 J·min-1 o 0,2 e 0,9 J·L-1 [ 4 ].

In ambito clinico, tuttavia, questi dati molto utilizzati nella ricerca sono difficili o impossibili da monitorare [ 5 ].

La domanda sorge quindi spontanea: durante la pratica quotidiana al letto dell’assistito, senza monitoraggi respiratori particolarmente avanzati, è possibile misurare con attendibilità lo sforzo inspiratorio? Fortunatamente sì!

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Patient Self Inflicted Lung Injury (P-SILI) parte 1

japanese-ninja-concept-harakiri-260nw-1221491080Oggi propongo con molto piacere il contributo offerto a Triggerlab da un caro amico e collega, Stefano Parise, infermiere specialista clinico in medicina intensiva presso l’ente ospedaliero cantonale di Lugano (CH).

Stefano affronta un argomento molto recente e complesso, ma di grande importanza nel monitoraggio dei pazienti con ARDS: il Patient Self Inflicted Lung Injury (P-SILI).

Gli obiettivi di questo post, che ho diviso in 2 parti, sono essenzialmente due:

  1. Definire il P-SILI.
  2. Monitoraggio bedside del P-SILI. (che affronteremo nella seconda parte)

Buona lettura.

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Proportional Assist Ventilation

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Immagine 1: relazione tra sforzo del paziente e pressione erogata dal ventilatore nelle diverse logiche di ventilazione.

La ventilazione ad assistenza proporzionale (PAV o PPS) è una modalità di erogazione della pressione di supporto in cui il ventilatore applica, istante per istante, un’assistenza proporzionale allo sforzo inspiratorio del paziente (1). A differenza di altre ventilazioni assistite, non vi è un target di volume o pressione da mantenere costante e come mostrato nell’immagine 1, nella PAV, all’aumentare dello sforzo inspiratorio del paziente aumenta anche la pressione erogata dal ventilatore. Questa modalità fornisce una sorta di “muscolo aggiuntivo” sotto il completo controllo del paziente per determinare la profondità e la frequenza dei respiri.

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Adaptive Support Ventilation (ASV)

Dopo un po’ di tempo (si chiede perdono) propongo un post che tratta una ventilazione particolare denominata ASV (Adaptive Support Ventilation). Si tratta di una modalità complessa e che necessita di un tempo adeguato per essere digerita.

ASV è un’avanzata closed loop dual control inter breath-mode. Nelle ventilazioni closed loop control viene generato un feedback positivo o negativo in grado di indurre variazioni nell’erogazione della ventilazione, in altre parole l’uscita del gas viene misurata fornendo un segnale di feedback che viene confrontato con il valore di ingresso. 

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La pressione esofagea: applicazioni cliniche

Nel post del 19 ottobre abbiamo visto come stimare la pressione pleurica attraverso il posizionamento e la verifica del palloncino esofageo (clicca qui per vedere il post). Oggi affronteremo un argomento molto più complesso e cercherò di spiegare uno degli utilizzi che può essere fatto della pressione esofagea nella pratica clinica: misurare lo stress polmonare.

Misura dello stress polmonare: la pressione di plateau e la pressione trans-polmonare

Tra gli obiettivi fondamentali della ventilazione è contemplata la riduzione della pressione alveolare a fine inspirazione per non generare danno polmonare indotto dal ventilatore (VILI, Ventilator-Induced Lung Injury).

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La pressione esofagea: posizionamento e verifica

Per un monitoraggio accurato della meccanica respiratoria e poter fornire, all’occasione, un trattamento ottimale dell’insufficienza respiratoria, è necessaria una valutazione dettagliata delle pressioni che agiscono all’interno del sistema respiratorio. La stima della pressione pleurica (Ppl) rappresenta una delle tecniche disponibili per comprendere, definire e valutare individualmente i meccanismi patologici dell’insufficienza respiratoria, per settare il ventilatore nei pazienti con danno polmonare acuto, per titolare il supporto farmacologico, per ottimizzare l’interazione paziente ventilatore e seguire il decorso clinico del paziente [1-4]. Tuttavia, il monitoraggio della Ppl è raramente utilizzato in ambito clinico; piuttosto, rimane ampiamente visto come uno strumento di ricerca. Ciò è in parte dovuto a problemi tecnici come il corretto posizionamento di un catetere esofageo al fine di ottenere misurazioni accurate [5].

In questo post cercherò di essere pragmatico e andremo a vedere come misurare la Ppl. Continua a leggere

PCV-VG…un caso particolare

Ho concluso il post precedente con un esercizio (Figura 1) e mi complimento con i lettori che hanno provato a dare una risposta. Oggi lo riprendo cercando di capire quale ventilazione è effettivamente in corso e se è presente un’asincronia.

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Figura 1

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Modalità di ventilazione meccanica: Pressure Controlled ventilation-volume guaranteed (PCV-VG)

Negli ultimi post abbiamo trattato argomenti complessi come il weaning dalla ventilazione meccanica e la costante di tempo dell’apparato respiratorio. Oggi, invece, parleremo di un argomento che molti di voi conoscono bene, ovvero di una delle più comuni modalità di ventilazione meccanica: la ventilazione a pressione controllata e volume garantito (PCV-VG, IPPV autoflow, PRVC). 

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FIGURA 1

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La costante di tempo del sistema respiratorio (τ)

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For english version click here: The Time Constant of The Respiratory System

Il post di oggi si pone l’obiettivo di far comprendere un concetto ostico della ventilazione meccanica: la costante di tempo. Nel post precedente è stato introdotta la PCV, una ventilazione pressometrica controllata che ha come obiettivo il controllo e l’applicazione di una pressione positiva costante. Da qui nasce lo spunto per un approfondimento che crediamo sicuramente utile da un punto di vista teorico, ma che presenta aspetti “pratici” di assoluta rilevanza.

Cos’è la costante di tempo? Continua a leggere

Pressure Controlled Ventilation (PCV)

Inizio questo post chiedendovi di osservare la figura 1 (qui sotto) e provare a riconoscere la modalità di ventilazione in corso, un piccolo esercizio prima di proseguire con la lettura del post.

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Figura 1

Si tratta di una ventilazione a pressione controllata. Se non sei riuscito a riconoscerla non preoccuparti, puoi fare un piccolo passo indietro e leggere il post del 15/02/2016.

Faccio comunque un brevissimo ripasso per i colleghi che seguono triggerlab da poco tempo e ricordiamo che la variabile controllata dal ventilatore è chiamata variabile indipendente (indipendente dal paziente). È facilmente riconoscibile sul monitor perché assume una forma quadra e dipende unicamente dal setting impostato. La variabile che invece dipende dal paziente si definisce variabile dipendente ed è correlata alle caratteristiche meccaniche del sistema toraco-polmonare e all’eventuale attività respiratoria spontanea, ovvero dipende dall’equazione di moto dell’apparato respiratorio.

Suddividendo le ventilazioni in base alla variabile indipendente, (quella controllata dal ventilatore), otteniamo due gruppi (figura 2):

  • le ventilazioni flussometriche (o volumetriche), dove il controllo del ventilatore è applicato al flusso, che avrà forma quadra.
  • le ventilazioni pressometriche, dove il controllo è applicato alla pressione (PAW), che avrà forma quadra.

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Figura 2

Oggi parleremo della prima tra le ventilazioni pressometriche, ovvero la ventilazione a pressione controllata (PCV). Possiamo definire sinteticamente questa modalità come una controllata pressometrica “pura”. Questo significa che: Continua a leggere

Volume Controlled Ventilation (parte 2)

Nel post precedente abbiamo parlato di ventilazione a volume controllato con flusso costante, spiegando quale sia la logica di funzionamento e analizzando la variabile indipendente e dipendente, al fine di introdurre l’equazione di moto dell’apparato respiratorio. Oggi si prosegue e cercheremo di capire cosa accade se il paziente riacquista drive respiratorio. Risulta necessario, prima di introdurre l’argomento, fare alcune considerazioni che giocano un ruolo chiave in ciò che definiremo ventilazioni assistite/controllate. Continua a leggere

Modalità di ventilazione meccanica: Volume Controlled Ventilation (parte 1)

Negli ultimi post abbiamo trattato tematiche e monitoraggi piuttosto complessi. Oggi, invece, parleremo di un argomento che molti di voi conoscono bene, ovvero di una delle più comuni modalità di ventilazione meccanica: la ventilazione a volume controllato (VCV) con flusso costante. Continua a leggere

Curve da Pacemaker.

Nel post precedente Cristian ha concluso l’articolo invitando i lettori a riflettere sul monitoraggio grafico che vedete nell’immagine (figura 1), che ci è stata girata da Alessandro, un medico che lavora con noi…molto attento e scrupoloso (a cui non è sfuggita la particolare morfologia).

Oggi proveremo ad analizzarlo insieme.

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Figura 1

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Cos’è il trigger?!

In questo post proverò a rispondere a due domande piuttosto frequenti: cos’è il trigger? Quanti tipi di trigger esistono?

Il trigger (= grilletto) rappresenta un sistema di comunicazione tra paziente e ventilatore, è quel segnale che se viene rilevato dal ventilatore dà inizio alla fase inspiratoria o alla fase espiratoria. È quindi lo strumento utile a sincronizzare il ciclaggio del ventilatore alle richieste del paziente. Il trigger inspiratorio è il segnale che dà inizio alla fase inspiratoria mentre quello espiratorio dà inizio alla fase espiratoria.

Tipi di trigger:

  • trigger a tempo anche chiamato tempo di ciclo respiratorio (sia inspiratorio che espiratorio);
  • trigger a pressione (solo inspiratorio);
  • trigger a flusso (solo inspiratorio);
  • trigger neurale (sia inspiratorio che espiratorio);
  • “ciclo off” anche chiamato % picco di flusso  (solo espiratorio).

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Filtro ostruito: approfondimento

Oggi voglio proporvi un approfondimento del caso presentato da Cristian nel post del 1/2/16   prendendo spunto dalla domanda che una collega mi ha fatto qualche giorno fa:

  • Abbiamo lo stesso monitoraggio grafico anche quando ad ostruirsi è il filtro HME (Heat and Moisture Exchanger, utilizzato per l’umidificazione passiva e il riscaldamento delle vie aeree) posizionato vicino al tubo endotracheale?

Prima di rispondere faccio un piccolo riassunto del monitoraggio in questione (Figura 1). Osserva l’immagine e prova anche tu a ricavarne le informazioni più importanti, poi continua a leggere.

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Figura 1

Dalle curve si intuisce, senza ombra di dubbio, che abbiamo un problema (al di la del fatto che si è in grado o meno di trovare la soluzione) per due motivi: Continua a leggere

Infermieri e ventilazione… Quando un metodo non basta

coyotreCome alcuni di voi sanno, da qualche anno mi occupo con Cristian di formazione sul monitoraggio grafico della ventilazione, questo mi ha portato ad incontrare centinaia di colleghi e ad avere una visione sempre più dettagliata delle difficoltà che incontrano per sviluppare questo tipo di competenza nelle loro unità operative.

La mancanza di materiale su cui studiare era sicuramente un  problema rilevante, ma ho sempre pensato che il motivo di queste difficoltà abbia radici più complesse.

Poi, nell’estate del 2015, leggendo il documento IPASVI sull’evoluzione delle competenze infermieristiche, fu tutto un po’ più chiaro: Continua a leggere

INFERMIERI DI TERAPIA INTENSIVA CHE RICONOSCONO LE ASINCRONIE DURANTE VENTILAZIONE MECCANICA » ventilab

Mi sono imbattuto in questo agile lavoro (uno degli autori è Villar) e sono stato colpito dal titolo che ho trovato stimolante dal momento che alcuni dei nostri infermieri, grazie agli stimoli di Beppe, si sono addentrati nella conoscenza del monitoraggio grafico della ventilazione meccanica. Penso che dalla sua lettura si possano ricavare alcuni utili insegnamenti

 Cosa hanno fatto gli autori?

Uno studio osservazionale in cui hanno raccolto le curve di flusso e pressione di 8 pazienti ricoverati in terapia intensiva e ventilati meccanicamente, hanno realizzato delle immagini (in formato JPEG) di 1024 respiri, li hanno sottoposti a 5 medici intensivisti esperti in ventilazione meccanica che, in modo cieco l’uno rispetto all’altro, le hanno classificate per la presenza o meno di sforzi inefficaci(o come “inclassificabile”); tre risposte concordanti hanno permesso di classificare le immagini. A questo punto gli autori dello studio hanno identificato due nurses esperte (4 anni di servizio) in terapia intensiva polivalente e per 2 ore al giorno per 20 giorni le hanno addestrate (con letture scientifiche e attività sul campo) a riconoscere la presenza o meno di sforzi inefficaci.

I risultati sono espressi come sensibilità, specificità, valore predittivo positivo (PPV) e negativo (NPV), ed con un indice di concordanza κ, che misura quanto le risposte degli esaminandi sono in accordo con quelle degli esperti, ritenuto buono se > 0,41 ed eccellente per valori > 0,75. Le due nurse hanno ottenuto risultati differenti ma buoni per entrambe: la prima ha riportato sensibilità = 92,5% e specificità = 98,3%, con un PPV del 95,4% , un NPV del 97,1% ed un κ di 0,92; la seconda sensibilità = 98,5% e specificità = 84,7%, PPV = 70,7% e NPV del 99,3% con un κ di 0,74.

La letteratura è concorde nel sottolineare come la presenza di asincronie tra paziente e ventilatore sia un fattore in grado di prolungare la durata della ventilazione meccanica, la degenza in terapia intensiva ed in ospedale. Dal punto di vista fisiopatologico possono determinare aumento del lavoro respiratorio. Quindi individuarle può favorire il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.

Dal momento che gli infermieri lavorano a stretto contatto con il paziente, questo lavoro di riconoscimento potrebbe essere svolto dall’infermiere addestrato, lasciando la risoluzione dei problemi al medico. L’addestramento permetterebbe all’infermiere di acquisire competenze ulteriori rispetto a quelle in suo possesso, con maggiore gratificazione e probabilmente maggiore affezione al proprio attuale lavoro. Questo studio mostra che con un impegno inferiore ad un mese è possibile ottenere buoni risultati. Già ora un infermiere in terapia intensiva deve saper riconoscere un onda di lesione o una aritmia potenzialmente letale al monitor ECG: perché non potrebbe (dovrebbe!) riconoscere anche un’asincronia al monitor del ventilatore?

Resta imperativo che il medico deve approfondire la terapia ventilatoria, sia in termini di monitoraggio grafico (interazione paziente – ventilatore), sia in termini di corrette terapie e di soluzione dei problemi. E’ necessario un progetto per formare gli infermieri più motivati al riconoscimento del monitoraggio grafico; a loro volta infermieri esperti potranno formare altri infermieri sotto la supervisione del medico responsabile del progetto. Questa competenza va poi inserita correttamente nella propria realtà clinica a beneficio dei pazienti.

Insomma lavoro e studio per tutti!

Bibliografia

  1. Chacón E, et al. Nurses’ Detection of Ineffective Inspiratory Efforts During Mechanical Ventilation. Am J Crit Care. 2012 Jul;21(4).
  2. Thille AW, et al. Patient-ventilator asynchrony during assisted mechanical ventilation. Intensive Care Med. 2006;32(10):1515-1522.
  3. De Wit M, et al . Ineffective triggering predicts increased duration of mechanical ventilation. Crit Care Med. 2009;37(10):2740-2745.

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Ventilazione meccanica ed infermieri: il ruolo insostituibile delle curve di pressione e flusso nell’assistenza al paziente ventilato. » ventilab

Sorgente: Ventilazione meccanica ed infermieri: il ruolo insostituibile delle curve di pressione e flusso nell’assistenza al paziente ventilato. » ventilab. Posted by Giuseppe Natalini

In Terapia Intensiva gli infermieri trascorrono certamente più tempo dei medici al letto del paziente: è inevitabile. Un infermiere di norma deve dedicarsi esclusivamente a due malati, il medico spesso ne ha 6-8 da seguire, più una serie di attività aggiuntive che lo portano spesso anche fuori dal reparto di degenza. Anche solo da queste considerazioni possiamo capire quanto possa essere preziosa la comprensione del monitoraggio respiratorio da parte degli infermieri: chi lo ha continuamente sotto gli occhi può tempestivamente segnalare eventuali problemi che si dovessero presentare. Esattamente come quando si guarda una traccia elettrocardiografica al cardiomonitor. Il monitoraggio grafico della ventilazione meccanica, cioè delle curve di pressione e flusso nelle vie aeree, è quindi uno strumento indispensabile per valutare l’appropriatezza della ventilazione e deve quindi diventare parte integrante delle competenze infermieristiche in Terapia Intensiva.

Presento di seguito un esempio dell’impatto decisivo che può avere la conoscenza del monitoraggio grafico della ventilaziona da parte degli infermieri. Questo post è stato preparato da Enrico Bulleri e Cristian Fusi, i nostri infermieri docenti nel Corso di Ventilazione Meccanica per Infermieri. Un grazie ad Enrico e Cristian. E buona lettura.

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L’infermiere ed il monitoraggio grafico della ventilazione meccanica: perchè è indispensabile, come imparare. » ventilab

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L’interesse e la voglia di migliorare le conoscenze sulla ventilazione meccanica ed il suo monitoraggio sono un segno tangibile della crescita professionale e culturale degli infermieri. Tuttavia è un argomento tradizionalmente ostico, in cui serve qualcuno che ti dà una mano.

Ecco la buona notizia per gli infermieri: finalmente venerdì 18 ottobre 2013 si terrà a Brescia la prima edizione del “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico”. E’ un corso per infermieri fatto da infermieri (ci sarò comunque anche io a dare, se necessario, il mio contributo), molto curato sia nella parte teorica che in quella pratica, con obiettivi didattici chiari che portarenno, già alla fine della giornata, all’acquisizione dinuove competenze. Nelle edizioni già svolte a livello locale i riscontri sono stati ottimi sia in termini di gradimento che di apprendimento.

Il ”Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico” è a numero chiuso. Per iscriverti clicca qui, cerca nell’elenco degli eventi “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico: Le curve che tolgono il fiato“. Continua a leggere